
L’anziano abita in provincia di Cosenza e da quindici anni respira solo con l’ausilio di bombole per l’ossigeno
SAN BENEDETTO ULLANO (CS) – Ha ottantadue anni e sopravvive con 273 euro al mese. Si tratta di un pensionato di San Benedetto Ullano, in provincia di Cosenza, affetto da diverse patologie tra cui una broncopatia cronica ostruttiva e una malattia muscolare degenerativa. Da quindici anni respira grazie ad una bombola d’ossigeno con la quale convive ventiquattro ore al giorno. La sua invalidità era stata riconosciuta nella misura del 100% fin quando, dopo aver ricevuto una lettera dall’Inps, si è recato negli uffici con il carrellino sul quale trasporta la bombola d’ossigeno, per chiedere delucidazioni insieme alla figlia. Un iter normale, ma non per l’istituto previdenziale nazionale, che proprio in virtù del fatto che l’anziano era riuscito a raggiungere il dipartimento (dal quale era stato convocato) ha deciso di revocare il sussidio per l’accompagnamento. E di chiedere la restituzione degli arretrati. Ben 14mila euro.
Da 1.016 euro la sua pensione è passata a 501 euro da cui l’INPS ha iniziato, automaticamente, a prelevare 228 euro al mese. Una cifra altissima giustificata, secondo l’ente previdenziale, dalla sua bassa aspettativa di vita. “Una pratica illegale, – affermano gli avvocati Pasquale Gallo, Alfonso Cassiano e Rossella Reda dello Studio Legale Internazionale di Rende – visto che il minimo per la sussistenza è di trecento euro”. Con l’ausilio dei familiari infatti l’anziano ha provveduto ad intentare una causa contro l’INPS. Il processo è in corso presso la Sezione Lavoro del Tribunale di Cosenza e, per ora, è stato aggiornato al prossimo 18 giugno del 2018. Nel frattempo però l’INPS mensilmente continua a prelevare dalla pensione dell’anziano le somme che, al termine del procedimento qualora l’ottanduenne dovesse vincere la causa, gli verranno restituite in un’unica soluzione.
PENSIONATA DI SAN GIOVANNI IN FIORE CONTRO L’INPS
La ”maggiorazione sociale non spettante” dell’ex boscaiolo di San Benedetto Ullano non sarebbe un caso isolato. A segnalarlo è lo sempre lo Studio Legale Internazionale di Rende a cui si è rivolta la famiglia di una novantaduenne di San Giovanni in Fiore. All’anziana, con la stessa assurda formula del signore che vive con l’ossigeno, vengono detratte mensilmente 120 euro da una pensione da 800 euro. La pensionata, non autosufficiente, paga 500 euro al mese la badante che si occupa di lei e le restano così per sopravvivere, a stento, 180 euro. L’INPS le chiede di restituire circa 5mila euro, ma in tre procedimenti diversi: uno da 650 euro, uno da 3.200 euro ed un altro da 500 euro. Dopo aver vinto la prima causa e visto riconosciuto l’errore dell’Inps, il suo denaro non le è stato restituito. L’ente ha ben pensato di accorparlo e sottrarlo dalle cifre che l’ente pretende dalla signora. Un comportamento poco ‘sociale’ posto in essere proprio dall’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. Eppure la legge sembra essere abbastanza chiara.
“L’Inps – chiariscono dallo studio legale rendese – non può pretendere la restituzione di quanto erroneamente versato al cittadino. Invero per i pagamenti effettuati per errore dall’Inps si fa riferimento alla sanatoria, prevista dalla normativa vigente secondo la quale le somme corrisposte dall’Inps, in base a formale definitivo provvedimento che risulti viziato da errore di qualsiasi natura, imputabile all’ente erogatore, non sono ripetibili, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. Pertanto se l’Inps erroneamente versa somme in più al cittadino non può pretenderne la restituzione”. Dal suo canto invece, i dirigenti degli uffici centrali dell’Inps Calabria a Catanzaro sono perentori: “bisogna valutare i casi singolarmente. Di certo però si tratta di somme che i pensionati hanno ricevuto indebitamente e vanno restituite. E’ la norma che consente di prelevare il denaro a monte. Può capitare che degli anziani vengano lasciati con poche centinaia di euro, ma qui si applica la legge. “.
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