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Channel: Maria Teresa Improta, Autore presso quicosenza
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Direttore del carcere di Cosenza chiede ‘lavoro’: “I detenuti non devono essere seppelliti in cella”

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carcere cosenza

Dalla casa circondariale di via Popilia una richiesta chiara: “Serve lavoro per il recupero dei detenuti. A volte siamo noi a comprare loro le medicine”

 

COSENZA – Filiberto Benevento si confronta con l’amministrazione comunale di Cosenza. Per la prima volta dopo trenta anni il direttore del carcere di via Popilia è stato invitato dal Comune ad esporre i problemi del penitenziario bruzio. Convocato dalla presidente della commissione consiliare sanità e servizi sociali Maria Teresa De Marco, il dirigente ha espresso la netta volontà di voler collaborare con Palazzo dei Bruzi. “Lavoro, studio e religione. Questi – spiega Filiberto Benevento – sono i tre punti su cui possiamo far leva per il recupero dei detenuti. In primo luogo il lavoro. Perchè l’ozio, si sa, è il padre dei vizi. Per quanto mi riguarda credo che i detenuti debbano stare in cella solo la notte, il resto della giornata devono essere impegnati a fare qualcosa. Non si può lasciarli ‘seppelliti’ nelle proprie stanze.

 

Su circa 240 ospiti che abbiamo nella casa circondariale di via Popilia riesco a farne lavorare contemporaneamente 40, a rotazione. Si occupano della cucina, della manutenzione del penitenziario, ma non basta. Per questo motivo sono andato da diversi enti per trovare un impiego ai miei detenuti. Credo che collaborando con il Comune di Cosenza sia possibile fare molto, magari insieme alle cooperative sociali, e che questa interlocuzione porti a risultati concreti. Siamo alla continua ricerca di un ponte con l’esterno perché spesso l’aver scontato una pena detentiva diventa un marchio indelebile per chi vuole reinserirsi nel mercato del lavoro. Eppure tra i nostri detenuti ci sono anche laureati che potrebbero tranquillamente trovare occupazione.

 

L’ambiente ‘dentro’ è difficile. Spesso ci troviamo di fronte a persone senza nessun tipo di sostegno finanziario o familiare. A volte  provvediamo personalmente, di tasca nostra, a comprare loro le medicine senza alcun tipo di rimborso. Lo facciamo con piacere è una questione di umanità. Esiste chi gode di permessi premio, ma non sa da chi andare. Ciò dispiace e preoccupa perché un ‘cane sciolto’ è più avvezzo a tornare a compiere reati. Per chi appartiene alla criminalità organizzata non è facile scardinare mentalità radicate e cambiare vita. Per i detenuti comuni il discorso è diverso. Quello che noi tentiamo di fare è educare alla convivenza e al rispetto della persona. Bisogna dialogare, la forza bruta non serve a nulla. Con la conversione religiosa, due/tre persone l’anno decidono di modificare il proprio stile di vita, ma il punto focale resta quello della disoccupazione.

 

Il Comune di Cosenza, ripeto, può fare davvero tanto. Non solo a livello occupazionale. Bisogna ricordarsi che parliamo di persone che, come tutti, devono assolvere a compiti burocratici pur non potendo recarsi in uffici pubblici. Il municipio in questi casi può sopperire alleggerendo le loro difficoltà. Quando un padre di famiglia entra in carcere è un problema per tutti: moglie, figli e parenti. Qui dovrebbe intervenire il welfare. Volontari e associazioni come Bethel, Liberamente, Confagricoltura ci aiutano molto, ma con le istituzioni potremmo fare ancora di più. Ci sono diversi bandi per la questione carceraria a cui attingere. Incontriamoci con i nostri operatori, psicologi, assistenti sociali e mettiamo in campo le risorse che abbiamo. Vi invito intanto a venire a trovarci. E’ importante anche un saluto così che i detenuti non si sentano abbandonati”. Nel corso dell’incontro ad intervenire con una proposta incisiva è stata la consigliera del PD Bianca Rende che ha chiesto di verificare se sia possibile inserire nelle clausole degli appalti comunali l’obbligo di assumere per l’esecuzione dei lavori uno/due detenuti.

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