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Channel: Maria Teresa Improta, Autore presso quicosenza
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Dov’è l’amianto che respirano i cosentini? Il killer silenzioso dalla città alla provincia

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Dov’è l’amianto che respirano i cosentini? Il killer silenzioso dalla città alla provincia

La mappatura c’è, ma i Comuni la ignorano. Bonificati pericolosi siti, non è possibile in Calabria monitorare le morti per patologie riconducibili all’inalazione di eternit

 

COSENZA – Il killer silenzioso convive con i calabresi. Si nasconde tra le rotaie dei treni, nelle tubature, sui tetti, nei grossi impianti termici come quelli di ospedali o grandi strutture. A fornire in parte la dimensione del fenomeno è stata l’Arpacal con la mappatura aerea dell’intero territorio regionale, effettuata da un’azienda privata attraverso il telerilevamento. Il risultato: 11 milioni di metri quadrati di coperture in eternit per circa due milioni di abitanti, 5,5 metri quadri a testa. A parlarne è l’ingegnere Giuseppe Infusini coordinatore provinciale dell’Osservatorio Nazionale Amianto Cosenza che da anni tenta di sensibilizzare le istituzioni ricordando che “dove è presente amianto notiamo delle morti legate a patologie polmonari ipoteticamente correlabili all’inalazione di particelle di eternit”. Si tratta di malattie infauste come asbestosi, cancro polmonare, il mesotelioma pleurico e peritoneale. L’amianto, anche se non sempre può essere considerato pericoloso, è infatti un agente cancerogeno primario. Tutti i Comuni calabresi conoscono quante coperture in amianto hanno sul proprio territorio, ma tante amministrazioni non si sono preoccupate neanche di ritirare la mappa del proprio circondario.

 

IN QUALI CASI L’AMIANTO PUO’ ESSERE PERICOLOSO

Localizzati i tetti in amianto bisogna verificare in che condizioni versano. Se l’amianto non è degradato, come noto, non sussiste alcun rischio per la salute umana. Il problema è quando diventa friabile. I tetti, i serbatoi, le condotte sono materiali compatti. Se però si sbriciolano o si deformano già solo al tatto, con una semplice pressione della mano, bisogna intervenire. Sarà l’Arpacal a valutare se l’eternit è nocivo o meno. Purtroppo anche l’amianto compatto con il tempo diventare friabile e quindi potenzialmente pericoloso. Le intemperie, gli agenti atmosferici, le escursioni termiche fanno in modo che a distanza di decenni dall’impasto di cemento e amianto inizino a sprigionarsi nell’aria fibre tossiche che possono essere inalate. Dopo oltre trent’anni di esposizioni è possibile ammalarsi. La cancerogenesi del mesotelioma pleurico è multistadio. Man mano che ne assume il corpo aumenta la possibilità di contrarre malattie correlate all’inalazione di asbesto, maggiore è l’esposizione minore il periodo di latenza che può ridursi fino a dieci anni. In eternit, fino agli inizi degli anni Novanta, venivano istallate anche le tubature interrate, come tutte quelle dell’ex Consorzio di Bonifica ex Sibari – Crati. Per sostituirle con quelle in plastica, processo già avviato, servono ditte specializzate perché nel momento in cui si taglia un tubo l’amianto può inquinare il terreno, l’aria e la falda acquifera.

 

AMIANTO NELLA CITTA’ DI COSENZA

Cosenza è una città che presentava fino a qualche anno fa molta presenza di eternit. Non diffusa, ma concentrata in alcuni punti. “La media di amianto sotto forma di tetti, che è la forma più conosciuta e diffusa, – spiega l’ingegnere Infusini dell’ONA – è di circa 1,8 metri quadri ad abitante nella città di Cosenza. Una media calcolata sui 69/70mila residenti, non in termini di area urbana. I punti critici si stanno bonificando. E’ il caso di via Popilia, zona Santo Spirito, che ci era stata segnalata anche con la presenza di morti sospette. Non bonificata invece è l’area di fronte al ponte di Calatrava dove da Gergeri verso via Popilia dove ci sono due capannoni interamente coperti in amianto. In periferia desta preoccupazione la zona delle vecchie case popolari di via degli Stadi, Donnici, una zona di capannoni vicino l’ex pastificio Lecce. Anche il centro città però non è immune: in un palazzo abbandonato di via Don Minzoni e in una traversa di corso Mazzini stiamo analizzando lo stato dell’eternit, mentre i tetti del cinema Citrigno sono stati bonificati. Alla sua destra però ci sono ancora dei fabbricati coperti da amianto. Abbiamo le mappe che lo testimoniano”.

 

AMIANTO NELLA PROVINCIA DI COSENZA

A San Lorenzo del Vallo sono state abbandonate in mezzo a degli aranceti delle casette che l’Arssa dava agli allevatori. Hanno coperture in amianto degradate, sono altamente inquinanti e al loro interno vi abitano senzatetto stranieri. A Tarsia, sempre di proprietà della Regione Calabria con tetti in eternit usurati vi sono le ex cantine vinicole proprio a fianco ad una scuola. Cariati è un’altra zona con un’ampia estensione di amianto sul territorio. Nell’area del Basso Jonio Cosentino si ha una media di 7/8 metri quadri di amianto ad abitante. Ma c’è di peggio. Torre di Ruggiero paese popolato da non più di mille anime, nel catanzarese, ha 30 metri quadri per residente. La Sila è più preservata perché in montagna l’amianto, fino agli 800 metri d’altitudine, non si usava in quanto i tetti devono essere molto spioventi. Su Rose invece insiste l’ex Russo Pavimenti con circa 10mila metri quadri di amianto pericolanti vicino alla riva del Crati.

 

AMIANTO E FERROVIE

A Cosenza le ex officine ferroviarie tra viale Parco e via Popilia, dove ora ci sono i centri sociali, è una zona in cui c’era molto amianto ed è stata in buona parte bonificata o messa in sicurezza con vernici coprenti che bloccano la fuoriuscita di fibre. “Abbiamo registrato – evidenzia Infusini – due morti certe per mesotelioma pleurico in dei dipendenti delle Ferrovie Calabro Lucane che lavoravano alla coibentazione delle carrozze che veniva fatta in eternit. I familiari ora intendono chiedere risarcimenti. Ad oggi in tutte le stazioni dove passano ancora i trenini le coperture sono ancora in amianto: Spezzano Sila,  Serra Pedace, Santo Stefano di Rogliano. Poi c’è la questione della ghiaia sui binari. Se prelevata dalla zona delle ofioliti nel catanzarese (minerali che si trovano nel Reventino, nella fascia della Sila Piccola), può con il tempo rilasciare filamenti di amianto che è presente in queste pietre. Se sono compatte non creano alcun problema, il guaio è quando le tagliano. Contenendo una quantità piccolissima di amianto spesso sono usate come pietrisco nelle strade di campagna o per fare asfalti e bitumi creando polveri sottili”.

 

QUANDO IL PRIVATO INQUINA: IL CASO DI SANTA CATERINA ALBANESE

Ottanta morti e le pressioni dei residenti hanno portato, dopo anni, alla bonifica di una vecchia fabbrica dismessa a Santa Caterina Albanese.  A pagare è stata, come prevede la legge, la Regione Calabria. Sia perché il Comune non aveva i fondi per intervenire sia perché, avendo ‘dimenticato’ di inserire il sito nel Piano Regionale Amianto per la Calabria (PRAC), non avrebbe mai potuto chiedere il finanziamento della bonifica al Ministero competente. Sono bastati 190mila euro per rimuovere 18mila metri quadrati di eternit abbandonati. Quando è il privato ad inquinare, ma non ha liquidità (in questo caso si trattava di una società fallita) è lo Stato che deve assumersi l’onere di disinquinare l’area per tutelare la salute dei cittadini. Il Comune, la Provincia, la Regione o il Ministero dell’Ambiente acquisisce terreni/immobili, bonifica e poi eventualmente li vende per coprire le spese sostenute. “Sono intervenuti – chiarisce Infusini – dopo le nostre denunce che hanno inchiodato la Regione alle proprie responsabilità. Abbiamo riunito i Comuni tra cui anche Fagnano e San Marco Argentano e fatto approvare delibere in cui spiegavamo perché la Regione Calabria era obbligata a rimuovere l’amianto. Un dovere quando ci sono morti e né il Comune né la Provincia provvedono alla bonifica del sito”.

 

IMPOSSIBILE MONITORARE I DECESSI

Sono 112 i morti per mesotelioma accertati in Calabria dal 2005 ad oggi. Una regione in cui sembrerebbe non esista un centro specializzato in mesotelioma pleurico. “Si va a morire a Siena o a Venezia. Dalla sua diagnosi – tuona l’ingegnere dell’Osservatorio Amianto Cosenza – l’aspettativa di vita è di uno/due anni. Per valutare se la patologia sia determinata dall’esposizione all’amianto bisogna raccogliere una serie di dati, ma la Calabria non ci riesce. Scopelliti aveva tanto sbandierato l’apertura del Centro Operativo Calabria per il registro mesoteliomi, una struttura in realtà con un solo anatomopatologo che sta in ufficio ad attendere i dati delle Asp sui decessi. A lui pervengono le informazioni da fuori regione perché la mortalità non avviene sul territorio a causa della migrazione sanitaria. Nel resto d’Italia si compilano specifici moduli, in Calabria invece non c’è una squadra del Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam) che parte e va a chiedere ai familiari dove abbia vissuto e lavorato la persona che ha contratto il mesotelioma in modo da capire l’origine della malattia. I dati che arrivano, se arrivano, dalla Calabria vengono inviati al Renam centrale che però non li accetta. Le relazioni sui pazienti morti di mesotelioma in Calabria sono infatti tutti sospesi perché la modulistica non è completa. Le Asp calabresi pare non abbiamo il tempo e la volontà di compilare tutto a

norma di legge, quindi si trasferiscono dati che non hanno nessuna valenza scientifica”.

 

LA LEGGE SULL’AMIANTO

La legge che ha messo a bando l’amianto è del 1992. Il Piano Regionale Amianto approvato nel Dicembre 2016, con un ritardo di anni, è la legge regionale che si propone di rimuovere in dieci anni l’amianto dalla Calabria. Se il privato vuole bonificare la sua abitazione, però non ha ad ora nessuna agevolazione da parte della Regione perché non sono stati previsti e stanziati fondi. Intanto mentre il telerilevamento ha mappato le coperture in amianto, non si conosce ancora la metratura di condotte e tubature. In qualsiasi punto oggi si scavi in Calabria non si sa se ci sia amianto o meno. L’Osservatorio Nazionale Amianto Cosenza ha chiesto di inserire nel Piano Regionale Amianto degli incentivi per coprire fino al 60% della spesa dei privati e il 100% delle coperture degli enti pubblici. Soldi che vanno richiesti al Ministero dell’Ambiente sulla base della mappatura, il telerilevamento aereo, che però la Regione Calabria non ha inserito nel Piano Amianto. Attualmente non vi sono casi in cui siano stati condannati i responsabili della contaminazione ritenuta causa di decessi sospetti per inalazione di asbesto.

 

COSENZA UNICA CITTA CON SPORTELLO AMIANTO

Cosenza è l’unica città del centro – sud che ha dato ospitalità a una sede provinciale dell’Osservatorio Nazionale Amianto. L’apertura di uno sportello consente ai cittadini di avere informazioni e denunciare criticità recandosi o in sede nei palazzi del Centro Commerciale Due Fiumi (piazza Mancini n° 60) o contattando il numero SOS Amianto 377-4279516. “ONA Cosenza – afferma l’ingegner Infusini – ha così un punto per raggruppare tutte le richieste della provincia. Siamo tutti tecnici volontari che intendono collaborare con le pubbliche amministrazioni per tutelare la salute pubblica. L’intento è quello di proporre soluzioni attuabili. Ci sono Comuni che per mancanza di informazioni o personale non hanno neanche ritirato i dati del telerilevamento in Regione e noi veniamo il loro soccorso. Se ci fossero persone alla Regione che prendessero davvero a cuore il problema noi saremmo disponibili ad offrire gratuitamente il nostro apporto per la risoluzione del problema. Abbiamo chiesto di supportarli, ma non abbiamo avuto nessuna risposta. Eppure per l’ente sarebbe a costo zero”.

 

In foto mappa telerilevamento città di Cosenza prima delle bonifiche

 

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