Non possono pagare un affitto, l’unica loro alternativa è dormire in strada. L’Aterp non assegna loro alloggi popolari, ma rivuole lo stabile che aveva abbandonato
COSENZA – Il clima è più disteso tra le stanze dell’Hotel Centrale e via Savoia. Le 120 persone che abitano nei due stabili occupati a Cosenza rischiavano in queste ore di essere sgomberate e tornare a vivere in strada. A sollecitare l’intervento delle forze dell’ordine pare sia l’Aterp, l’ente regionale che gestisce gli alloggi popolari, che pur non assegnando case agli aventi diritto chiede che il palazzo che aveva abbandonato da sette anni sia svuotato al più presto. Per quanto riguarda la struttura alberghiera è il liquidatore che rivuole l’immobile (sotto sequestro dopo l’arresto dei proprietari per bancarotta fraudolenta) per rivenderlo. Il Prefetto di Cosenza Gianfranco Tomao dopo una serie di incontri ha appurato che, al momento, non esistono soluzioni abitative alternative per gli occupanti. A bloccare la ‘cacciata dei senzatetto’ è stato il governatore della Regione Calabria Mario Oliverio. Il presidente ha annunciato di approvare nelle prossime settimane la legge sull’autorecupero che consentirà a chi vive nei palazzi abbandonati di ristrutturarli comprendo le spese attraverso il pagamento dei canoni di affitto allineati ai prezzi in vigore per l’edilizia sociale. I senzatetto possono per ora tirare un respiro di sollievo, anche se nulla è stato ancora formalizzato. Per questo motivo si ritroveranno oggi in piazza XI Settembre alle 18:00 in presidio per far sentire la propria voce, sensibilizzare la cittadinanza e ringraziare la Cosenza solidale che ha fatto sentire loro la propria vicinanza in questa settimana di concitazione.
CHI VIVE NELLE OCCUPAZIONI
Ad abitare le stanze delle quattro occupazioni di Cosenza (ex scuola elementare Porta Piana, ex Istituto Canossiane, Aterp via Savoia ed Hotel Centrale) sono disoccupati, precari, migranti, pensionati, ragazze madri e studenti. Persone che non hanno la possibilità di accedere al mercato immobiliare. Non hanno abbastanza soldi per fittare casa. Prima di entrare in contatto con gli attivisti del comitato Prendocasa Cosenza e occupare i palazzi abbandonati della città vivevano ospiti da amici/parenti, in macchina o su un marciapiede. “Ho 22 anni – spiega una ragazza in via Savoia – e vengo da una famiglia numerosa. Mi madre non lavora e mio padre è ‘semidisoccupato’. Lavoro per sostenere le spese dell’Università, ma non riesco a pagare l’affitto con quel poco che guadagno. Vivere in un palazzo occupato è l’unica possibilità che ho. Altrimenti cosa devo fare? Non studiare, non lavorare e chiudermi nel mio paesino sul Pollino?”.
Poi ci sono le donne sole, con figli. “Ho 43 anni, sono di Cosenza – racconta una ragazza madre – e l’unica occupazione che ho è fare le pulizie quando mi chiamano una volta ogni due settimane. Mi danno più o meno venti euro. Al mese, se va bene, riesco a racimolare cento euro e devo mantenerci anche un bambino. Ho trovato un impiego al mare, però dove lo lascio il bimbo? Al Banco alimentare mi danno parte della spesa, ma il problema più grande è quello della casa. Mi hanno sfrattata quando ero incinta di sei mesi e avevo perso il lavoro. Prima di venire qui ero disperata. Ora va meglio, non solo perché ho un tetto sulla testa. Ho ritrovato la vita, una famiglia, delle persone solidali, ci aiutiamo in tutto. Sono di via Popilia non avevo mai abitato con persone straniere. Ho cambiato totalmente idea su di loro, stiamo tutti insieme: albanesi, ghanesi, senegalesi, bengalesi, marocchini, italiani. Ci dividiamo anche il cibo e non ci vergogniamo a chiedere l’un l’altro: ‘Prestami un euro che devo comprare il latte’. Anche i vicini di casa ci aiutano, non è raro che ci portino pizza o altri viveri”. Della stessa idea anche una ragazza marocchina da un anno arrivata in Italia. “Vivo qui con mio marito – spiega la giovane – ho 23 anni e un bimbo piccolo. Eravamo senza casa e stavamo in giro ospiti vagando di casa in casa finché non ci siamo trovati in strada. Siamo tre persone e non è facile sostentarsi. Per fortuna abbiamo conosciuto i ragazzi di Prendocasa e siamo venuti qui a vivere”.
“Sono senegalese, – racconta un 53enne dalla hall dell’Hotel Centrale – ho lavorato per 25 anni come fabbro. Ho studiato al conservatorio in Senegal e facevo parte della Ouza band un gruppo musicale che parlava dei problemi del paese e della dittatura cui cantante è stato mandato in esilio in Costa d’Avorio per anni. Quando sono arrivato a Cosenza non avevo nulla e ho dormito per strada. E’ bruttissimo, terribile. Non è solo il freddo, il non avere alcuna sicurezza per la tua persona, la fame, a distruggerti. Non so come spiegarlo: vivere per strada è una cosa che nessuno vuole. Non è giusto lasciare palazzi vuoti, mentre la gente dorme sui marciapiedi. Qui mi trovo bene, sono solo preoccupato che ci mandino via. Non riesco a prendere casa, sto facendo dei lavoretti e mi danno più o meno 50 euro a settimana. E’ impossibile per me pagare una caparra e l’affitto. Dall’Africa partiamo perché o veniamo da guerre e violenze o perché non riusciamo a guardare a braccia conserte madri, sorelle, nipoti che non hanno i soldi per mangiare e vivono in miseria”. Una precarietà che accomuna tutti, italiani e non, e che a Cosenza tra i palazzi abbandonati occupati ha dato vita ad un processo d’integrazione tale da creare una giganteca famiglia. Quella che chiede a gran voce: casa, reddito e dignità.
Foto: Eleonora Aita
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