Musacco gestiva il racket da Villa degli Oleandri dove si trovava ricoverato per una forte depressione.
CATANZARO – La corte d’Appello di Catanzaro ha confermato le condanne inflitte in primo grado ai presunti sodali del clan Perna – Cicero. Il processo scaturito dall’operazione Magnete scattata nell’Agosto 2013 aveva portato alla sbarra dieci persone. Tra queste la first lady della cosca, Caterina Palermo, moglie di Franco Perna, assolta insieme ad Alfonsino Falbo, Marco Perna e Giulio Castiglia. Trentasette in tutto gli imprenditori taglieggiati nessuno dei quali ha inteso costituirsi come parte civile nel corso del dibattimento. Un comportamento ‘rispettoso’ da parte delle parti offese che conferma quanto emerso dalle indagini, ovvero il clima di cordialità in cui avvenivano i pagamenti per la ‘protezione’. Nonostante la disponibilità, documentata dalle forze dell’ordine, di un ottimo repertorio di armi da fuoco il clan Perna – Cicero pare non avesse bisogno di mostrare il pugno di ferro con i propri ‘clienti’. Bastava uno sguardo. E il pizzo era liquidato subito, in contanti, tra un abbraccio e una stretta di mano. Nessuna delle vittima ha mai tentato di denunciare i suoi estorsori, nonostante le estreme difficoltà per racimolare in tempi di crisi i soldi da versare alla potente ‘ndrina bruzia. Solo la Federazione Antiracket Italiana infatti, definendo tale omertà inaccettabile, ha partecipato al processo come parte civile.
A riscuotere i soldi, vetrina per vetrina, sarebbe stato il 33enne Santo Cozza accompagnato dall’ormai 70enne Armando Giannone già condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso nel processo Garden. Il business era coordinato a distanza da Mario Musacco che all’epoca stava scontando la propria detenzione presso Villa degli Oleandri dove si trovava ricoverato per una grave depressione. Dal letto della clinica il 65enne ritenuto uno degli elementi di spicco del sodalizio criminale gestiva la contabilità del racket per il clan Perna-Cicero che come affermato dagli inquirenti gode “della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche in Cosenza e nei paesi limitrofi con un capillare controllo del territorio”. A sfuggire all’arresto fu, in un primo momento, Sergio Raimondo 41enne scovato dagli agenti della questura pochi mesi dopo in una casa di Fuscaldo Marina in compagnia della moglie e del figlio. Il suo ‘collega’ Luigi Paternuosto, invece, non finì in manette in quanto decise di ‘pentirsi’ e collaborare alle indagini. Tutti i dieci imputati sono stati giudicati con il rito abbreviato.
CONDANNE E ASSOLUZIONI
Mario Musacco, condannato a 6 anni e 5 mesi di reclusione
Armando Giannone, condannato a 4 anni e 3 mesi di reclusione
Santo Cozza, condannato a 7 anni e 4 mesi di reclusione
Sergio Raimondo, condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione
Caterina Palermo, assolta
Alfonsino Falbo, assolto
Marco Perna, assolto
Giulio Castiglia, assolto
Giuseppe Gabriele condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione
Luigi Paternuosto condannato a 3 anni di reclusione