Il settore lattiero caseario calabrese alla gogna, mentre sugli scaffali dei supermercati il latte è sempre meno ‘Made in Italy’.
RENDE – Concorrenza sleale e sicurezza alimentare. I produttori di latte del cosentino stamattina hanno allestito una ‘stalla’ con tanto di fieno e mucche nel piazzale antistante il centro commerciale Metropolis di Rende. Un gesto di protesta per denunciare come alcune multinazionali stiano distruggendo il settore lattiero caseario acquistando latte all’estero e proponendolo ai consumatori come latte italiano. Nel corso della manifestazione Coldiretti ha esposto su un banchetto i ‘finti’ made in Italy: yogurt Activia, Danone, Muller nonché i prodotti Parmalat (ora di proprietà della statunitense Lactalis), Galbani, Invenizzi, formaggini Mio e Certosa Osella. A questi sono stati affiancati formaggi, yogurt e latte sicuramente fabbricati con latti italiani/calabresi: Granarolo, Latteria Soresina, Arborea e Centrali del latte di Calabria.
La multinazionale Lactalis viene accusata dai produttori di latte calabrese di distruggere il mercato proponendo prodotti che vengono definiti italiani, ma in realtà non lo sono. “Il problema – spiega Molinari presidente di Coldiretti Calabria – nasce da alcune multinazionali, come Lactalis, che avendo comprato dei marchi italiani importanti sostituiscono all’interno delle confezioni il latte italiano con latte di provenienza sconosciuta. Ciò sta causando la chiusura di diverse stalle perchè pur esistendo una legge che impone di acquistare il latte a 0,39/0,41 centesimi al litro le multinazionali non lo comprano a più di 0,33 centesimi. In Calabria ciò significa perdere 10mila euro al giorno per i costi di gestione che comporta il mantenimento delle strutture con il risultato che negli ultimi cinque anni 150 stalle sono state definitivamente chiuse.
A fronte di ciò in Calabria ogni giorno vengono prodotti 1500 quintali di latte e tanti dei giovani che si sono affacciati al settore oggi rischiano il fallimento. Il tutto senza alcun vantaggio per il consumatore il quale per avere un prodotto di scarsa qualità trova un prezzo sullo scaffale invariato e continua pagare, in media, 1,50 euro al litro, quattro volte quello che paga la multinazionale. Guardare le etichette – precisa Molinari – è importantissimo. E’ l’unica azione che i consumatori possono fare per evitare che le aziende locali chiudano e per essere certi di consumare un prodotto sicuro. Oggi c’è un incontro a Roma tra il Governo e la Grande Distribuzione Organizzata italiana ed estera e domani al tavolo sul settore caseario parteciperanno anche i produttori di latte, formaggi e yogurt i quali chiedono semplicemente il rispetto della legge, ovvero che il latte sia pagato almeno ad un prezzo pari al costo di produzione sostenuto dalle stalle”.
In Calabria sono mille i posti di lavoro a rischio a causa della truffa del ‘latte finto italiano’. Oltre trecento allevatori a breve dovranno cessare le proprie attività in una regione a vocazione agricola che, per assurdo, mentre le aziende falliscono perchè non riescono a vendere importa oltre il 60% di latte e derivati fuori dai propri confini. Eppure proprio il settore caseario potrebbe contribuire a risollevare le sorti del mercato del lavoro calabrese in cui diversi giovani imprenditori hanno tentato di affacciarsi alla zootecnia. La mobilitazione di Coldiretti si è tenuta contemporaneamente nei supermercati di più città in cui è stato distribuito materiale informativo e prodotti ‘veri made in Italy’ per smascherare la truffa della speculazione sul finto made in Italy, agevolata dalla mancanza di norme che obbligano ad indicare in etichetta la provenienza del latte impiegato.