COSENZA – Tre assoluzioni nel filone cosentino dell’inchiesta Rinascita Scott. Oggi il tribunale di Cosenza ha assolto gli ex consiglieri regionali Nicola Adamo e Pietro Giamborino. Con loro è stato assolto anche Filippo Valia, nipote di Giamborino. Politica al servizio dei clan. Appalti pilotati e una sentenza del Tar dove, secondo la Dda di Catanzaro, si sarebbe tentato di “comprare” per garantire lavori pubblici alle ditte vicine alle cosche.
Alla sbarra nel troncone cosentino del maxiprocesso “Rinascita Scott”, che intende far luce sui legami tra i clan vibonesi e la zona grigia tra imprenditoria e istituzioni calabresi, c’erano 3 imputati. Si trattava di due ex consiglieri regionali del Partito Democratico: Nicola Adamo di Cosenza e Pietro Giamborino di Piscopio. Entrambi sono accusati in concorso con l’ingegnere Filippo Valia (nipote di Giamborino) di traffico di influenze illecite con l’aggravante di aver agito per favorire la ‘ndrangheta. Reati che sarebbero stati commessi attraverso una serie di incontri avvenuti tra Cosenza, Altilia (in un autogrill) e Grimaldi fino al 2018.
La sentenza del Tar
I due politici e l’ingegnere “amico”, insieme all’imprenditore catanese Giuseppe Capizzi (fuori dal procedimento dopo l’accoglimento della richiesta di messa alla prova), secondo le accuse della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, si sarebbero attivati per interferire su una sentenza del Tar di Catanzaro che avrebbe consentito di ribaltare l’esito di una gara d’appalto per la messa in sicurezza di un tracciato della rete ferroviaria calabrese. Come? Pagando 50.000 euro. E cercando di avvicinare il giudice Nicola Durante che non è mai apparso sul registro degli indagati. La decisione del Tribunale amministrativo sarebbe risultata utile a far annullare l’aggiudicazione di un appalto da 6 milioni di euro, indetto dalla Provincia di Vibo Valentia e finanziato dalla Regione Calabria.
Rinascita Scott: l’appalto che faceva gola ai clan
Secondo l’accusa oggetto delle attenzioni dei due politici sarebbero stati i lavori necessari a scongiurare frane e a mitigare il rischio idrogeologico, su parte dell’ex tracciato della Ferrovia Calabro Lucana, sui versanti Affaccio – Cancello Rosso – Piscopio – Triparni e nella frazione di Longobardi. Opere che il boss di Limbadi, Luigi Mancuso, intendeva assegnare alla ditta di Capizzi così da poter poi distribuire i subappalti alle imprese gradite alla sanguinaria cosca vibonese. Per la Dda dalle indagini sarebbe emerso come Giamborino abbia beneficiato dei voti della criminalità organizzata e assunto nel tempo il ruolo di portavoce dei clan alla Regione Calabria proprio grazie al supporto elettorale ricevuto sin dal suo esordio in politica.
L’udienza, le richieste di condanna e l’assoluzione
Oggi innanzi al collegio giudicante del Tribunale di Cosenza, presieduto da Carmen Ciarcia con a latere i giudici Urania Granata e Fabio Giuseppe Squillaci, il pm Annamaria Frustaci della Dda di Catanzaro aveva formulato le richieste di condanna per i 3 imputati. Per il politico cosentino del PD Adamo Nicola era stata invocata una pena pari a 2 anni di reclusione. Il pm Frustaci aveva sollecitato il riconoscimento dell’aggravante di aver agito per agevolare organizzazioni criminali ‘ndranghetiste a Pietro Giamborino con la richiesta di una condanna a 3 anni di detenzione e una pena pari a 2 anni e 6 mesi per il nipote Filippo Valia.
Nel corso dell’udienza il PM ha ricordato che con la stessa accusa (traffico di influenze illecite) Giamborino è stato condannato in primo grado nel troncone ordinario del maxiprocesso Rinascita-Scott (pena pari a 1 anno e 6 mesi) e che l’assoluzione dal reato di associazione mafiosa, attualmente al vaglio della Corte d’Appello di Catanzaro, sarebbe avvenuta per la mancata trascrizione di alcune intercettazioni.
Durante la requisitoria il pm ha evidenziato i legami di Giamborino (cristallizzati dalle intercettazioni) con elementi di spicco della criminalità organizzata come ad esempio Pino D’amico condannato a 30 anni di reclusione nel processo Dedalo – Petrolmafie, la famiglia Piromalli, Franco D’Onofrio esponente delle ‘ndrine in Piemonte, Pino Galati condannato nel processo Crimine, nonché l’emergere di una modalità apparentemente collaudata per interferire sulle decisioni della giustizia amministrativa e l’impossibilità di attribuire il “costo” di 50.000 euro a qualsivoglia prestazione professionale documentata dalle indagini. Al termine della Camera di Consiglio il Tribunale di Cosenza ha assolto Adamo, Giamborino e Valia “perché Il fatto non sussiste”.
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