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Channel: Maria Teresa Improta, Autore presso quicosenza
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Niente carcere per Don Luberto, il ‘boss’ della clinica della vergogna affidato ai servizi sociali

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Dall’istituto di cui era responsabile sparirono nel nulla dodici pazienti ed oltre cento milioni di euro.

 

COSENZA – Don Alfredo Luberto è stato affidato in prova ai servizi sociali per scontare le condanna a cinque anni di reclusione per associazione a delinquere, appropriazione indebita e abbandono di incapaci ed un anno e dieci mesi per bancarotta fraudolenta. Il tutto ai danni della clinica Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello. Ad attenuare le condizioni detentive del parroco, ai domiciliari in una struttura ecclesiastica del milanese, è stato il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro. Le motivazioni alla base di tale decisione sarebbero riconducibili al fatto che Alfredo Luberto si sarebbe ‘pentito’ di essersi appropriato del denaro dei malati psichiatrici e degli anziani ospitati della clinica per acquistare beni di lusso per la propria abitazione. Don Luberto per i giudici oggi è un’altra persona. Un uomo non più legato a vasche idromassaggio, tv al plasma e gioielli, ma incline ad una vita monastica, quindi potrà scontare la pena residua in stato di libertà. A chiarirlo sono i suoi legali Pugliese, Carratelli e Lirangi che spiegano come il prete che rubava ai poveri per dare a se stesso in questi anni abbia ”compreso il disvalore delle proprie azioni e abbia iniziato un percorso di ravvedimento morale e spirituale, mutando il proprio stile di vita e dedicandosi in particolare ai profughi e ai poveri”.

Non ci sarebbe più traccia dell’uomo che faceva vivere i pazienti tra gli escrementi intascando i soldi pubblici che la Regione stanziava per la gestione della clinica di cui era responsabile. Denaro di cui, senza remore, avrebbe fatto direttamente scivolare sul suo conto corrente tre milioni e mezzo di euro nell’indifferenza dell’intera arcidiocesi Cosenza – Bisignano. Duole ricordare come nella clinica lager due sospetti omicidi colposi furono trasformati in casi di morte naturale. Il decesso di una donna fu attribuito a ictus cerebrale nonostante le furono diagnosticate ferite al capo attribuibili a colpi infertigli con un corpo contundente. Casi a cui si sommano le assunzioni in odor di clientelismo politico di diversi dipendenti. A gestire meno di mille pazienti erano infatti milleseicento lavoratori i quali in massa protestarono quando l’istituto fu chiuso e posto sotto sequestro per le pessime condizioni igienico sanitarie in cui versava. Eppure per far mangiare senza neanche una sedia, a terra, gli ammalati i cittadini italiani hanno pagato, per anni all’istituto affidato alla chiesa cosentina ben 150 euro al giorno per ognuno di loro.

don luberto

 

In foto Alfredo Luberto e l’ex arcivescovo Salvatore Nunnari


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