L’imprenditore aveva negato di essere vittima del racket parlando di ‘regali’ consegnati spontaneamente.
COSENZA – Un regalo a Natale e uno a Pasqua. ‘Pensierini’ a cui l’imprenditore edile Ippolito Chiappetta avrebbe contraccambiato versando dai 5mila ai 10mila euro. Direttamente nelle mani di Francesco Patitucci, presunto sodale del clan Lanzino. Secondo le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Violetta Calabrese e Francesco Galdi, sarebbe lui l’uomo che contribuì alla creazione della famigerata bacinella che sancì la pax mafiosa tra le cosche bruzie. Ieri, nell’aula 9 del Tribunale di Cosenza, Walter Gianluca Marsico e Mario Piromallo sono stati ascoltati in merito alla presunta estorsione contestata a Patitucci e Simone Ferrise, gli unici che hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato nel processo Vulpes. Oggetto dell’operazione scattata alla fine del 2013 una serie di estorsioni consumate ai danni dell’imprenditoria d’Oltrecampagnano. Entrambi, giudicati con rito abbreviato, sono stati assolti (il pm aveva chiesto la condanna a sette anni di detenzione) per le medesime accuse che ora vedono alla sbarra Patitucci e Ferrise. Episodi estorsivi che invece hanno portato alla condanna di altri presunti affiliati alla cosca Lanzino: Francesco Costabile, Adolfo D’Ambrosio, Alberto Superbo e Umberto Di Puppo. Nel corso dell’udienza di ieri Piromallo e Marsico hanno dichiarato di conoscere Chiappetta, ma di non avergli mai chiesto del denaro e tantomeno di averlo minacciato. Il primo ha escluso di essere stato sul cantiere di Chiappetta, mentre il ‘collega’ ha affermato di non ricordare se ha mai fatto visita all’imprenditore e neanche se da lui ha mai preso del denaro. Soldi che, secondo quanto emerso sinora dai teste ascoltati, nessuno avrebbe mai esplicitamente chiesto ad Ippolito Chiappetta, amico d’infanzia di Patitucci. Il pubblico ministero intanto ha già chiesto nei mesi scorsi di acquisire il primo verbale firmato dall’imprenditore senza che gli venisse, a sua detta, letto il contenuto che risulterebbe incoerente con quanto testimoniato in aula. Il prossimo 10 Marzo, a Cosenza, dopo l’arringa della difesa e la requisitoria del pm potrebbe essere pronunciata la sentenza volta a far luce sulla presunta esistenza del racket a Rende.