Sessantuno i casi di trasfusioni ‘sospette’ verificatesi all’Annunziata in un solo anno.
COSENZA – Continua il processo a carico dei vertici dell’Ospedale di Cosenza e di San Giovanni in Fiore. Le indagini scaturite dalla morte di un pensionato rendese di settantotto anni, Cesare Ruffolo, hanno fatto luce su una serie di trasfusioni che sarebbero state effettuate con sangue infetto proveniente dal centro raccolta di San Giovanni in Fiore. Ieri in aula si è discusso in merito alle responsabilità di Luigi Rizzuto, dirigente medico dell’ospedale di San Giovanni in Fiore, del direttore del centro trasfusionale Marcello Bossio e di un dirigente dell’Annunziata Osvaldo Perfetti. E’ stata invece stralciata per intervenuto decesso la posizione dell’ex direttore generale dell’Ospedale di Cosenza Paolo Maria Gangemi, morto in attesa di una visita specialistica a Milano, il quale nel 2012 aveva ignorato 61 casi di morti sospette avvenute a causa di trasfusioni di sangue verosimilmente contaminato. A processo anche l’Asp di Cosenza, l’Azienda Ospedaliera di Cosenza e il Ministero della Salute di cui dovranno essere stabilite le responsabilità civili.
Il consulente tecnico Vincenzo Liso, professore ordinario di Ematologia presso l’Università di Bari, ieri in aula ha ribadito che lo shock settico che ha causato la morte di Ruffolo è da attribuire alla trasfusione eseguita dai sanitari dell’Annunziata. Da escludere che l’infezione da serratia fosse già in corso, secondo l’ematologo, in quanto i sintomi si sarebbero manifestati nell’immediatezza. Ipotesi inverosimile anche quella che il contagio con la serratia sia avvenuto attraverso aghi o batuffoli di cotone infetti in quanto ciò avrebbe potuto trasferire nel corpo di Ruffolo una quantità minima di batteri non sufficiente a provocarne il decesso. Liso ha poi ricordato il percorso della sacca di sangue che da San Giovanni in Fiore era stata portata ad Acri e poi consegnata a Cosenza. La temperatura però non sarebbe stata la causa principale della contaminazione visto che il germe prolifera maggiormente a 37°, temperatura necessaria affinchìé il sangue possa essere trasfuso. L’infezione sarebbe comunque stata contratta anche se la sacca fosse stata conservata correttamente.
Un’infezione che però non ha portato alla morte di Francesco Salvo, un altro paziente che ha contratto la serratia dopo una trasfusione, solo perchè come ha spiegato l’ematologo era più giovane e non soffriva di leucemia. Concetti ribaditi anche dal teste Sergio Carbonaro specialista in malattie infettive e dal medico legale Biagio Solarino. I due hanno chiarito che neanche le ferite che Ruffolo aveva alle gambe potevano causare un’infezione da serratia perchè presenti a livello superficiale. La serratia sarebbe stata contratta a causa dell’immissione di un consistente volume di batteri nel corpo che, verosimilmente, sarebbe avvenuto con la trasfusione visto che lo shock settico è avvenuto pochi minuti dopo. L’ingegnere Nicola Boncristiano presente nel corso dell’ispezione dei Nas al centro di raccolta sangue di San Giovanni in Fiore ha ricordato la situazione sconcertante in cui versava la struttura. Una situazione di completo degrado, con mobili estremamente sporchi, trasandatezza, carenza delle più elementari norme igieniche e nessun protocollo di sanificazione.
In un altro troncone del processo sono stati condannati a sei mesi di reclusione Mario Golè e Maria Maddalena Guffanti giudicati con rito abbreviato. I due risultano essere rispettivamente legale rappresentante e direttore di produzione della Germo Spa società produttrice del Germocid il sapone ritrovato nelle sacche di ‘sangue killer’. Condannati con l’accusa di commercio e distribuzione di sostanze adulterate in modo pericoloso per la salute pubblica dovranno risarcire i danni alle parti civili tra cui difensori appaiono Massimiliano Coppa, Chiara Penna, Luigi Forciniti e Paolo Coppa in veste di legali della famiglia Ruffolo. Inizialmente nelle indagini della Procura di Cosenza erano coinvolte dieci persone, tra cui Antonio Caputo responsabile dell’Avis di San Giovanni in Fiore, Pietro Leo e Addolorata Vantaggiato medici in forze all’ospedale di Cosenza e il direttore sanitario aziendale dell’Annunziata Francesco De Rose. Quest’ultimo, secondo gli inquirenti, insieme a Gangemi nel solo anno 2012 avrebbe ignorato le segnalazioni di 61 morti sospette legate a trasfusioni di sangue effettuate presso l’Ospedale di Cosenza.