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Channel: Maria Teresa Improta, Autore presso quicosenza
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Sangue killer all’Annunziata, ascoltate le operatrici: ”Stava male e gli ho dato antibiotici”

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Nell’Ospedale di Cosenza in un solo anno si sarebbero registrati 61 casi di trasfusioni ‘sospette’, ma le operatrici non hanno mai visto nulla. Il ministero: ”gravi rischi per la salute pubblica”.

 

COSENZA – Sono state ascoltate stamattina presso il Tribunale di Cosenza due operatrici sanitarie del centro trasfusionale dell’Ospedale di Cosenza. I due teste hanno tentato di spiegare, in realtà fornendo pochi elementi chiarificatori, quale sia il funzionamento e le dinamiche lavorative all’interno dei laboratori. Nonostante entrambe abbiano operato negli ambulatori per oltre vent’anni non sono riuscite a spiegare né se esistano frigoriferi per isolare le sacche che si sospetta essere contaminate da batteri, né come sia possibile capire da dove le sacche provengano né come siano distribuite ai pazienti sul territorio cosentino. Le due operatrici sanitarie Angela Sada ora in pensione e Maria Ferri ancora in forze all’Annunziata hanno però precisato che mai nella loro vita professionale si sono trovate di fronte a casi di trasfusioni ‘sospette’. Solo nei casi di Francesco Salvo e di Cesare Ruffolo si sarebbero rese conto di possibili anomalie. Nonostante l’ex direttore generale dell’Ospedale di Cosenza Paolo Maria Gangemi, morto in attesa di una visita cardiologica a Milano, era stato indagato in quanto accusato di aver ignorato in un solo anno (il 2012) 61 casi di morti sospette avvenute a causa di trasfusioni di sangue verosimilmente contaminato i due teste escussi stamattina non si sarebbero mai accorte di nulla. Anzi.

 

Secondo entrambe il centro trasfusionale di Cosenza nel periodo in cui Salvo e Ruffolo contrassero il batterio della serratia stava vivendo un momento di transizione a causa dell’iter di accreditamento avviato in tutti i centri trasfusionali d’Italia. “C’erano criticità, il laboratorio non era a norma – ha affermato la dottoressa Sada all’epoca dirigente dell’ambulatorio di trasfusioni dell’Annunziata – ma era una situazione uguale a Cosenza come a Reggio Emilia. Si stavano cambiando le modalità operative. Conosco bene Francesco Salvo, l’ho cresciuto. Quando mi ha chiamata perchè stava male qualcuno aveva già fermato la trasfusione, ma non so chi sia stato se il ragazzo o un infermiere. Lo stato di salute di Francesco era drammatico quindi ho provveduto a somministrare da subito degli antibiotici ad ampio spettro poi una volta che si era compreso che lo shock settico era determinato dalla serratia ho proposto una terapia mirata. Strano episodio, non avevo mai visto nulla del genere eppure ho lavorato lì 23 anni facendo circa 3mila trasfusioni all’anno. Non so come sia potuto accadere perchè i valori del donatore e i test virologici sulla sacca di sangue trasfuso erano perfetti. Da parte mia in qualità di dirigente ho telefonato ed inviato un fax a San Giovanni in Fiore da dove proveniva la sacca ‘sospetta’ in cui chiedevo di avvertire i responsabili di quanto accaduto”.

 

Il fax è stato acquisito agli atti nel dibattimento che vede alla sbarra i due dirigenti che la dottoressa Sada tentò, pochi giorni prima della morte di Cesare Ruffolo, di allertare sulla possibile contaminazione delle sacche del centro Avis di San Giovanni in Fiore. Si tratta di Luigi Rizzuto, dirigente medico dell’ospedale di San Giovanni in Fiore, del direttore del centro trasfusionale di Cosenza Marcello Bossio e di un altro dirigente dell’Annunziata, Osvaldo Perfetti. Delle dieci persone inizialmente indagate è stata stralciata la posizione di Paolo Maria Gangemi per intervenuto decesso nonché di Antonio Caputo responsabile dell’Avis di San Giovanni in Fiore, Pietro Leo e Addolorata Vantaggiato medici in forze all’ospedale di Cosenza e del direttore sanitario aziendale dell’Annunziata Francesco De Rose. Da rilevare che le 65 criticità emerse da un’ispezione della Regione a distanza di un anno furono confermate da un altro controllo del Ministero della Salute in cui emerse un dato gravissimo: “il permanere dello status quo configura un livello di rischio elevato per la salute pubblica”.

 

CLICCA QUI PER LEGGERE IL RESOCONTO DELLA SCORSA UDIENZA 

Processo ‘Sangue infetto’, sacche conservate in locali sporchi

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