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Channel: Maria Teresa Improta, Autore presso quicosenza
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‘Ndragheta a Cosenza: legami tra politica e clan, mentre i Lanzino ‘trattano’ con gli Zingari

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La ‘bacinella’ unisce i clan che oggi ‘sparano’ meno, ma si aggiudicano più appalti. Al panorama criminale cittadino si affaccia quello che gli inquirenti definiscono il gruppo di Via Reggio Calabria.

 

COSENZA – La Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo illustra nella relazione annuale 2015 presentata nei giorni scorsi a Roma il panorama criminale cosentino. Innanzitutto viene evidenziata la particolare situazione in cui versano gli organi di polizia giudiziaria. Apparati, come sottolinea la DNA ”sottodimensionati rispetto al territorio, alla sua conformazione, alle gravi infiltrazioni criminali ed ai preoccupanti collegamenti con ambienti politici locali e regionali emersi nel corso delle indagini”. Anche Cosenza, la più ricca tra le citta’ calabresi, continua come afferma la DNA “ad essere caratterizzata dalla presenza di cosche di ‘ndrangheta, che le ultime indagini fanno ritenere in un certo senso federate, con la creazione di un’unica “bacinella”. Il tutto riconducibile, secondo la DNA, all’assenza di figure carismatiche in grado di raccogliere l’eredità criminale dei capi da tempo detenuti.

 

LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA COSENTINA

I clan bruzi scelgono di mantenere un ‘’basso profilo’’. “Le cosche di ‘ndrangheta attive in provincia di Cosenza, – si legge nella relazione annuale – dopo i cruenti conflitti che negli anni ’80 e ’90 avevano innescato vere e proprie guerre di mafia, con ripetuti omicidi che avevano colpito anche esponenti di vertice delle contrapposte “fazioni”, sembrano attualmente aver scelto di limitare il contrasto armato. Una strategia forse dettata dal fatto i vertici delle strutture criminali sono stati tutti sottoposti al regime di carcere duro e mancano attualmente i riferimenti apicali. Il mutato atteggiamento è desumibile dalle imprevedibili dinamiche che hanno permesso di istituire, specialmente a Cosenza, una sorta di federazione tra cosche, con la creazione di un’unica “bacinella”, un unico fondo cassa in cui far confluire i proventi delle diverse attività illecite.

 

Ad oggi, non sembrano emergere figure carismatiche in grado di raccogliere l’eredità criminale dei capi da tempo detenuti, pur se negli ultimi tempi sono stati registrati, in Cosenza, alcuni segnali investigativi in tal senso, conseguenti alla scarcerazione di Mario Pranno, storico elemento di vertice della cosca di ‘ndrangheta Perna/Pranno, e di Francesco Patitucci (arrestato nuovamente il 19 Febbraio per porto d’arma clandestina), elemento di vertice della cosca di ‘ndrangheta Lanzino/Ruà della quale dopo l’arresto di Ettore Lanzino aveva assunto le funzioni di reggente. La provincia di Cosenza, dal punto di vista criminale, può essere ripartita in tre macro-aree: il capoluogo ed il suo hinterland; la zona tirrenica e la zona ionica (compresa la Sibaritide).

 

COSCA LANZINO/RUA’

Nel capoluogo, nel suo hinterland e nella zona centrale della provincia, è stata accertata la presenza di più cosche dedite in prevalenza alle estorsioni, alla gestione del traffico di sostanze stupefacenti e delle armi, nonché all’usura e alle rapine. Del gruppo Lanzino-Ruà nella relazione della DNA è scritto che “l’associazione è capeggiata da Ettore Lanzino e Francesco Patitucci. La cosca annovera, tra le sue fila, esponenti di spicco quali Walter Gianluca Marsico, Mario Gatto, Rinaldo Gentile, Gianfranco Bruni, i fratelli Chirillo di Paterno Calabro e i fratelli Di Puppo (tutti ex appartenenti alla cosca Pino-Sena). Attualmente, tutti i vertici del sodalizio sono detenuti. L’azione di contrasto giudiziario nei confronti della cosca in esame, è stata mirata alle numerose condotte estorsive realizzate ai danni di imprenditori e commercianti operanti in particolare in Rende, da personaggi contigui al sodalizio”.

 

LE ESTORSIONI A RENDE

Qualche esempio. L’arresto di Roberto Porcaro il 7 Aprile 2014 insieme ad altri tre soggetti, tutti accusati di estorsione e usura aggravate dal metodo mafioso con la condanna in abbreviato a 5 anni e 4 mesi di reclusione. L’arresto di Renato Mazzulla, il giovane sorpreso sulle scale mentre portava le buste della spesa nell’appartamento in cui si nascondeva Ettore Lanzino, per due episodi di tentata estorsione nei confronti di due imprenditori rendesi con la condanna in abbreviato quattro anni di reclusione. L’arresto di Antonio Provenzano e Mario Gatto (condannato a 30 anni di detenzione per l’omicidio Sena insieme a Giuseppe Perri) per una tentata estorsione sempre commessa nel territorio d’Oltrecampagnano. Fatti che, secondo l’Antimafia, dimostrano l’operatività del gruppo criminale anche dopo la cattura del boss Ettore Lanzino e dei diversi gregari arrestati a seguito dell’operazione Vulpes.

 

I RAPPORTI TRA LA COSCA LANZINO E LA POLITICA

Nella relazione viene segnalata l’operazione condotta ai danni di una consorteria criminale operante in Acri, inteso quale “sottogruppo territoriale della cosca Lanzino-Ruà” evidenziando il potere del sodalizio nel condizionaere le scelte del Comune di Acri e della Regione Calabria in particolare del Dipartimento Agricoltura e Forestazione per l’aggiudicazione di appalti pubblici nel settore della forestazione. In tale contesto, era stata richiesta una misura cautelare, non concessa, nei confronti dell’ex Assessore regionale Michele Trematerra, sottoposto ad indagini per concorso esterno in associazione mafiosa e dell’ex Sindaco di Acri, Luigi Maiorano, indagato per concussione, entrambi militanti dell’UDC, mentre è stato tratto in arresto, per il delitto di associazione mafiosa l’ex Consigliere comunale di Acri, Angelo Gencarelli.

 

Quest’ultimo viene identificato quale dirigente dell’articolazione territoriale di Acri della cosca Lanzino-Ruà capace di influenzare le decisioni amministrative del comune di Acri, del quale era Consigliere Comunale, specialmente nel settore boschivo e del movimento terra. Il ruolo dell’ex assessore regionale della Calabria all’Agricoltura e forestazione, Michele Trematerra, in stretti rapporti con Gencarelli, sarebbe stato quello di referente politico per l’ottenimento di “favori” ricevendo, quale contropartita, l’appoggio per la sua affermazione politica. Altri legami tra il clan e il contesto politico amministrativo emergono dalle indagini sull’appoggio elettorale fornito da esponenti della cosca di ‘ndrangheta Lanzino-Ruà a favore di candidati ad alcune elezioni comunali nell’area urbana e nella provincia. Alcune attività d’indagine attuali riguardano le attività imprenditoriali di soggetti, ritenuti contigui a personaggi, anche di “vertice”, delle cosche di ‘ndrangheta attive nel cosentino – che hanno ricevuto appalti o sub-appalti di opere pubbliche.

 

COSCA “RANGO-ZINGARI”

L’aggregazione criminale è operante principalmente in Cosenza e nel suo hinterland, ed appare ‘federata’ con i cosiddetti “italiani” (facenti capo alla cosca Lanzino-Ruà). Specializzato nel traffico di sostanze stupefacenti e nelle estorsioni, commesse in gran parte dell’area urbana, e nei furti di autoveicoli, che costituiscono la base materiale per realizzare l’attività estorsiva nota con il termine di “cavallo di ritorno” il gruppo criminale è attivo nelle intimidazioni ai danni di imprenditori e commercianti. L’associazione, a seguito della disarticolazione della cosca Serpa attiva in Paola, aveva esteso anche in tale area geografica la propria influenza criminale, individuando, il reggenti in Adolfo Foggetti oggi collaboratore di giustizia.

 

La cosca ha accresciuto il suo potere criminale a seguito del depotenziamento del clan Buni dopo l’operazione Telesis e la morte dei suoi esponenti di vertice: Michele Bruni (per cause naturali) e Luca Bruni (per omicidio). Sono 47 i soggetti, tra cui i vertici della cosca, a processo accusati a vario titolo di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata dal metodo mafioso, omicidio aggravato dal metodo mafioso. Con l’operazione del 19 Novembre 2014 è stata accertata l’evoluzione della cosca e le mire espansionistiche verso il territorio paolano dove la cosca Serpa è stata indebolita dopo l’operazione Tela di Ragno. In più è stata accertata la notevole capacità di infiltrazione del sodalizio nel tessuto economico ed imprenditoriale cosentino, attuata attraverso una serie di atti intimidatori e conseguenti richieste estorsive nei confronti di diversi imprenditori, nonché le gestione di un traffico di sostanze stupefacenti organizzato in regime monopolistico, ma unitamente alla cosca Lanzino-Ruà, seguito di una sorta di “patto federativo” intervenuto tra i due sodalizi.

 

LA ‘STELLA EMERGENTE’ DEL GRUPPO RANGO-ZINGARI E I RAPPORTI CON LA POLITICA

Per la morte di Luca Bruni il 17 marzo 2015, sono invece stati arrestati con l’accusa di omicidio aggravato dal metodo mafioso ed occultamento di cadavere Maurizio Rango, Daniele Lamanna e Franco Bruzzese (oggi collaboratore di giustizia). Il delitto è stato inquadrato nell’ambito della strategia adottata per acquisire la supremazia nel panorama criminale cosentino, attraverso la definitiva estromissione della cosca Bruni. L’11 maggio 2015 con l’emissione di un decreto di fermo di indiziato di delitto nei confronti di 13 soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata dal metodo mafioso è stata evidenziata la notevole capacità di rigenerarsi della cosca. Infatti nonostante i numerosi arresti è stata documentata la persistenza, sia dell’attività estorsiva nei confronti di imprenditori, sia dell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti.

 

Dalle intercettazioni e dalle dichiarazioni dei ‘pentiti’ sono stati acquisiti segnali riguardo a contrasti all’interno del sodalizio, tra i soggetti in libertà, per l’assunzione della “leadership”, tanto da ipotizzare la creazione di una nuova “cellula” denominata di Via Reggio Calabria, con a capo Antonio Abbruzzese, soprannominato Strusciatappine. Nell’ambito del procedimento penale n.484/13 R.G.N.R., sono stati acquisiti, altresì, elementi nei confronti di alcuni appartenenti a Forze di Polizia, per l’ipotesi di reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Sempre nell’ambito delle attività di contrasto al sodalizio criminale, nel gennaio 2015, sono stati fermati per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso Rocco Abbruzzese e Hamid Zoubir indagati per aver minacciato di morte un imprenditore operante nel comune di Rende al quale veniva chiesta la somma di 17mila euro. Utile ricordare che Rocco Abbruzzese, detto Pancione è fratello di Antonio Abbruzzese contiguo alla cosca Rango-Zingari di Cosenza. Tutti gli esponenti di vertice della cosca sono stati tutti sottoposti a regime detentivo speciale.

 

Prima il clan Bruni, poi il gruppo Rango-Zingari sono attenzionati dagli investigatori al fine di riscontrare legami con apparati politico/amministrativi che avrebbero condotto la struttura criminale ad impegnarsi, in occasione di competizioni elettorali, a favore di determinati candidati ottenendo vantaggi illeciti, quali posti di lavoro o elargizione di somme di denaro. Lo scorso 17 settembre quattordici soggetti appartenenti al clan sono stati raggiunti da provvedimenti cautelari in quanto accusati di spaccio di sostanze stupefacenti ed armi nel centro storico di Cosenza. Tra i promotori e organizzatori di tale sodalizio risultano Celestino Abbruzzese, fratello di Antonio Abbruzzese, detto “Banana”, e Marco Paura nel frattempo costituitosi collaboratore di giustizia.

 

COSCA“PERNA-CICERO”

L’associazione criminale è capeggiata da Franco Perna e Domenico Cicero, entrambi sottoposti a regime detentivo speciale ed è stata colpita nel corso dell’operazione Anaconda, che ha consentito di accertare l’esistenza del clan e, secondo la DNA, di limitarne in maniera significativa l’operatività. Claudio Perna e Pietro Perna, figlio e nipote del boss sono oggi a piede libero. Quest’ultimo nell’ottobre scorso è stato vittima di un atto intimidatorio nei pressi dell’abitazione in cui si trovava, a Rende, dove la sua auto parcheggiata è stata raggiunta da diversi colpi d’arma da fuoco. Il gruppo pare sia estraneo al patto siglato dalle cosche cittadine, tanto che allo stesso è stato consentito di operare (unicamente) nel settore dello spaccio di sostanze stupefacenti. Nei mesi scorsi infatti è stato effettuato il sequestro di oltre 110 chilogrammi di marijuana e cinque armi nella disponibilità del sodalizio ed è stato emesso decreto di fermo di 32 soggetti appartenenti ad un piccolo gruppo capeggiato da Marco Perna.

 

Anche nei confronti della cosca che gli inquirenti chiamano Perna – Cicero sono in corso indagini che hanno ad oggetto i rapporti con imprenditori e politici locali. Recentemente, sono stati altresì tratti in arresto alcuni affiliati, colti nella flagranza del reato di estorsione nei confronti di alcuni commercianti dell’aera urbana. Si tratta di Francesco Greco, Francesco Pirola e Francesco Attanasio. Dalle indagini è inoltre emersa l’esistenza di cooperative costituite con un ruolo specifico di cerniera tra il mondo criminale e quello politico. Attraverso questo strumento, le organizzazioni mafiose, sostanzialmente, utilizzano settori della politica locale per la migliore realizzazione dei propri affari.

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