
“Dovevamo andare via nel 1987. E’ da trenta anni che ci prendono in giro, facendoci crescere i figli tra topi e spazzatura”.
COSENZA – Non si rassegnano all’idea di essere trattati da ‘cittadini di serie B’. Sono i residenti di via Reggio Calabria. Circa trenta famiglie, un centinaio di persone stipate in un piccolo fazzoletto di terra sulla sponda destra del fiume Crati. Abitano lì dal 1985 quando l’allora sindaco di Cosenza Giacomo Mancini aveva allestito delle baracche ‘temporanee’ in attesa della costruzione di un nuovo ‘villaggio’. A distanza di oltre trenta anni i fondi governativi, stanziati negli anni per via Reggio Calabria, sono svaniti nel nulla e di alloggi per i residenti non se ne parla più. Finanche Papa Wojtyla in visita a Cosenza, impietosito dalle condizioni in cui erano costretti a vivere i rom bruzi, fece una cospicua donazione per migliorare le loro condizioni di vita. Denaro che anche in questo caso si fatica a capire come sia stato speso.
“Con i soldi del Papa – afferma una signora che vive tra le casette – hanno fatto una ventina di baracche in legno. E basta. Dove sono andati a finire gli altri soldi? Dovevamo stare qui solo un anno, due al massimo ci avevano detto. Poi si sono dimenticati di noi. Sono trent’anni che ci prendono in giro e ci fanno stare in una baraccopoli di cui dovrebbero vergognarsi. Eppure siamo cittadini anche noi. A loro non importa se siamo senza acqua, se soffochiamo sotto i cumuli di spazzatura, se siamo costretti a crescere i figli tra i ratti. Qua la ‘Cosenza che conta’ si fa vedere solo per le elezioni. Ci chiedono il voto e poi spariscono”. Ed ovviamente al danno, si aggiunge la beffa. I residenti infatti spiegano che la polizia interviene tra le baracche solo per notificare loro delle denunce per abusivismo edilizio. Le baracche apposte alla fine degli anni Ottanta con il tempo si sono sbriciolate e per rimediare chi vi abitava ha ‘tamponato’ facendo lavori di muratura e si trova ora a dover affrontare un contenzioso con il Comune di Cosenza.
Dal suo conto l’amministrazione municipale si limita ad interventi per garantire la ‘sopravvivenza’ del piccolo quartiere. Stamattina alcuni operai hanno infatti finalmente provveduto a montare le luci per illuminare la strada di notte. In primavera, quando il vento aveva divelto i tetti delle casette, i residenti ricordano l’ultimo intervento ‘strutturale’ del Comune di Cosenza. Il commissario Carbone, che svolgeva le veci del sindaco, in quell’occasione fece loro consegnare delle lamiere. Ognuno provvedette poi a montarle da per sè. E mentre meno dell’indispensabile viene dato a chi abita in via Reggio Calabria, tredici milioni di euro sono stati investiti per il nuovo ‘ecomostro’ cosentino: il ponte di Calatrava. Lungo 140 metri ed alto 88, il serpentone di calcestruzzo collegherà Gergeri ad appunto via Reggio Calabria, proprio dove abitano le trenta famiglie rom cosentine. I lavori proseguono con netto ritardo.
L’opera appaltata alla Cimolai di Pordenone doveva essere consegnata alla città il 24 Agosto 2015, ma ovviamente ancora nulla è stato portato a termine. Dalle ultime dichiarazioni del sindaco Mario Occhiuto la ‘perla’ dell’archistar Santiago Calatrava (costretto a risarcire il Comune di Venezia dopo la realizzazione del ponte della Costituzione) sarà pronta entro la fine del prossimo anno. Nessuno dei cento cittadini che vivono a ridosso di quello che sarà il nuovo ponte di Cosenza riesce a percepire l’effettiva utilità dell’opera. “A noi che ci abitiamo – tuona una donna dalla veranda della sua casetta – non serve di sicuro. Che siamo in Europa non lo dimostra un ponte, ma il garantire dignità ai più poveri. Una città con una baraccopoli non mi sembra possa essere definita europea. Per passare dall’altro lato del fiume il ponte c’è già, che senso ha spendere tanto denaro per farne un altro mentre noi viviamo nel degrado? E’ uno spreco che ci fa rabbia”.
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