
La rabbia di Donato, presunto assassino di Giuseppe Iannicelli, Cocò Campologno e Ibtissam Touss, emersa dalle intercettazioni captate in carcere.
COSENZA – Nuova udienza per far luce sul triplice omicidio di Cassano allo Jonio. Presso la Corte d’Assise del Tribunale di Cosenza, innanzi al collegio giudicante presieduto dal giudice Giovanni Garofalo con a latere Francesca De Vuono e al pm Saverio Verticchio, si è oggi discusso della posizione di Faustino Campilongo e Cosimo Donato in merito all’assassinio di Giuseppe Iannicelli, del nipotino di tre anni Nicola Campolongo e della compagna ventisettenne Ibtissam Touss. I due hanno presenziato al processo in videoconferenza dai penitenziari in cui si trovano ristretti, mentre i militari ascoltati raccontavano delle vicende legate alle armi nelle disponibilità della famiglia Donato. Nei luoghi da loro frequentati sono stati infatti ritrovati un fucile a canne mozze calibro 12 ed altre due armi. Si tratta di casolari disabitati, cave e zone rurali in agro di Cassano allo Jonio. Dalle intercettazioni, tradotte da un perito esperto di lingua arbëreshe, sarebbe emerso come come i diretti congiunti di Cosimo Donato, detto Miu (in italiano Topo) avrebbero prelevato da una cava una pistola per spostarla in un luogo più sicuro. Da qui l’arma sarebbe poi stata trasportata in un secondo momento in un altro posto. All’improvviso però la Beretta Special sparisce. Grazie al GPS delle intercettazioni ambientali gli inquirenti hanno trovato tra le campagne la quercia vicino alla quale è nascosta.
Scoperti i rami vicino a dei blocchi di cemento che erano stati apposti come ‘segno’, viene rinvenuto un contenitore di alimenti. All’interno, avvolta tra i vestiti, la rivoltella con quattro colpi in canna. I militari la sequestrano, senza lasciare alcun segno. Dopo circa dieci giorni i familiari di Cosimo Donato tornano per prelevarla e si rendono conto che non c’è. Credono l’abbia rubata un uomo che abita in zona il quale però non sa di cosa stiano parlando. “Quando esce Cosimino ci ammazza tutti” è una delle frasi captate rivoltegli per convincerlo a rivelare dove sia stata nascosta. Dal suo canto, il Topo in carcere freme, è nervoso, estremamente adirato e si rivolge con aggressività ai suoi congiunti ad ogni colloquio. In realtà neanche lui crede che l’arma sia stata rubata dal signore che vive vicino la quercia. Consapevoli di essere intercettati la famiglia Donato continua a chiamare la pistola, ‘macchina da parcheggiare’ o ‘assicurazione che non si trova’ e a mimare con le dita il gesto dello sparare. I riscontri sul campo comunque non lasciano ombra di dubbio: si parla di un’arma, anzi di più armi. Della provenienza e dell’utilizzo che si sia invece fatto di fucili e revolver, nascosti di volta in volta tra i campi, ancora non è dato sapere. Terminata l’udienza il processo è stato aggiornato al prossimo 6 giugno.
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