
Per la presunta mancata bonifica del sito è in corso un processo che vede come imputato il dirigente con l’auto blu: Carlo Pecoraro.
COSENZA – Il Ponte di Calatrava, un’enorme colata di calcestruzzo che unisce il nulla al nulla. Alle porte del centro storico di Cosenza l’opera costruita sul fiume Crati avrà una lunghezza di 140 metri ed un’altezza di 82 metri e collegherà le zone di Sant’Antonio degli Orti e Via Reggio Calabria. Domenica le gru provvederanno a posizionare l’antenna in attesa dell’inaugurazione ufficiale prevista entro la fine di settembre. L’opera, cui realizzazione è stata voluta dal sindaco Mario Occhiuto e dal suo ex braccio destro Katya Gentile, in questi anni ha destato l’interesse della magistratura che ha inteso avviare un processo sulla presunta mancata bonifica dell’area. Non è la prima volta che un progetto del noto architetto Santiago Calatrava finisce tra le aule dei tribunali. Il Comune di Venezia infatti anni fa lo denunciò per i danni d’immagine provocati dalla cattiva costruzione del ponte della Costituzione. Errori che il giudice Manuela Farini attribuì allo studio dell’architetto Calatrava reo di aver progettato un’infrastruttura senza tener conto della conformazione della laguna e del suo sottosuolo roccioso. A Cosenza, la storia si ripete, ma non fa clamore.
IL PROCESSO SULLA PRESUNTA BONIFICA DELLA DISCARICA
Tre sono attualmente le persone a processo per la procedura di affidamento dei lavori aggiudicati alla Cimolai Spa di Pordenone che ha già costruito i ponti di Gerusalemme e Dallas. Si tratta di Carlo Pecoraro il dirigente che ama viaggiare con l”auto blu’ a cui all’epoca era stato affidato il settore infrastrutture del Comune di Cosenza, del direttore dei lavori Vito Avino e dell’allora amministratore delegato della Cimolai Salvatore De Luna accusati a vario titolo di abuso d’ufficio e falso in atto pubblico. A far avviare le indagini fu proprio la ‘madrina’ del progetto l’ex vicesindaco Katya Gentile che denunciò la mancata bonifica della discarica che insiste nell’area del cantiere. Un’operazione che sarebbe dovuta avvenire prima di chiudere la gara d’appalto, ma che non fu ritenuta prioritaria. Eppure dove oggi sorgono i pilastri del ponte erano abbancati da anni cumuli di rifiuti pericolosi, rifiuti non pericolosi ed ingombranti. Ufficialmente rimossi dalla stessa Cimolai (che si occupa di edilizia e non di bonifiche ambientali) poco prima dell’inizio delle trivellazioni con un incarico da 500mila euro affidato da Pecoraro, secondo gli inquirenti, attraverso procedure non conformi alla legge. La prossima udienza del processo che si sta tenendo presso il Tribunale di Cosenza, per ora, è stata rinviata ad ottobre.
LE BARACCOPOLI DIMENTICATA IN RIVA AL CRATI
Il serpentone di calcestruzzo che coprirà uno delle panoramiche più suggestive sul centro storico di Cosenza preoccupa i residenti di via Reggio Calabria. Trenta famiglie che vivono dagli anni ’80 in una baraccopoli ‘temporanea’ sulla sponda destra del fiume Crati. Il Comune di Cosenza non ha ancora deciso cosa fare delle loro abitazioni pericolanti al lato del ponte che secondo il sindaco Mario Occhiuto rappresenta “un’opera architettonica che valorizzerà ulteriormente il turismo nella capitale bruzia”. I delegati del municipio minacciano i residenti di sgombero, ma all’orizzonte pare non vi sia alcuna soluzione abitativa alternativa. Si teme che possano essere liquidati con poche centinaia di euro dopo la demolizione delle proprie case. Per ora però, nonostante sia prossima l’inaugurazione tutto tace. Non si zittisce invece la voce di chi ha lavorato al fianco del sindaco alla realizzazione del progetto evidenziandone le criticità.
L’INGEGNERE INDIGNATO

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