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Channel: Maria Teresa Improta, Autore presso quicosenza
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Incendio Cosenza Vecchia, dopo un anno parla il proprietario: “Fiamme partite dal basso” (FOTO)

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Incendio Cosenza Vecchia, dopo un anno parla il proprietario: “Fiamme partite dal basso” (FOTO)

Roberto Bilotti proprietario dell’immobile amareggiato spiega: “Tragedia annunciata. Quattordici anni di denunce e sollecitazioni non sono serviti ad evitare la morte di tre persone e la distruzione del patrimonio storico di Cosenza”

 

COSENZA – E’ quasi trascorso un anno dall’incendio che il 18 agosto 2017 ha ucciso Serafina Speranza, Roberto Golia, Antonio Noce, il loro cagnolino e distrutto la storica dimora nel palazzo Compagna. Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona proprietario di quell’immobile per anni si è speso, inutilmente, affinché si provvedesse a tutelare le persone e i beni che risiedevano in quella che era la Torre campanaria medioevale inaugurata da Federico II di Svevia. Un’opera presente da secoli a Cosenza Vecchia, come documentato anche dalle mappe della città risalenti al 1500 conservate oggi nella Biblioteca Angelica di Roma. Insieme a lui anche i vicini di casa pare abbiano sollecitato ripetutamente l’intervento del Comune e della Polizia Municipale.  Lamentavano di essere costretti a convivere con fetori (per la mancanza di servizi igienici nell’abitazione delle vittime), immondizia e topi che rendevano estreme le condizioni delle famiglie con bimbi che abitano nei pressi del palazzo. Nessuno però è intervenuto. Neanche quando il dipartimento di Igiene Pubblica e Medicina Preventiva dell’ASP, sollecitato dalla Procura di Cosenza, aveva dopo un sopralluogo ordinato lo sgombero dell’appartamento a causa delle precarie condizioni igienico sanitarie. Attualmente le indagini sulla dinamica dell’incendio che ha portato alla morte di Serafina, Roberto, Antonio e il loro cagnolino attualmente sembrerebbe siano ancora in fase di stallo in attesa delle ultime informative da parte dei Vigili del Fuoco, della Squadra Mobile e dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Ambientale.

 

 

In questo anno cosa è successo?

“Nulla, tutto tace. La situazione è stagnante dal 2003, da quando ho sporto la prima denuncia per il rilascio del mio ammezzato occupato abusivamente. Da allora sono stati avviati tre procedimenti (proc. pen. n. 65/2011- 21 bis, conclusosi con sentenza inconsistente n. 100/2016; il proc. 186/2016 – 21 bis e il proc. pen. n. 3196/2016 R.G.N.R.) nell’ambito dei quali è stato in tutti i modi evidenziato e documentato il pericolo. Quattordici anni di udienze, di confronti, di documentazioni, di testimonianze, ma nessun provvedimento concreto è stato attuato a tutela delle persone e dei beni culturali. Solo tanti anni fa c’è stato un tentativo di rimozione dei rifiuti accatastati da parte del Nucleo decoro urbano della Polizia Municipale, non sufficiente a modificare la difficile situazione igienica e garantire la sicurezza pubblica. Da parte mia il 28.12.2015 ho scritto a tutte le istituzioni preposte, l’unica che si è attivata è stata l’ASP UOC Igiene pubblica medicina preventiva che, dopo un sopralluogo, nel 2016 aveva scritto alla Procura e al Comune di Cosenza chiedendo lo sgombero immediato e la chiusura dei locali avendo riscontrato le condizioni di pericolo d’incendio”.

 

 

Che idea si è fatto sulle cause dell’incendio?

Se fosse partito dall’interno dell’appartamento le vittime sarebbero scappate per le scale. Questa possibilità è stata preclusa proprio perché il fuoco proveniva dal basso attraverso le scale. Non si può escludere nulla, neanche che una delle vittime abbia gettato una sigaretta a terra nell’atrio al rientro. Comunque ciò che è certo che la causa della propagazione è stata l’accumulo di materiali infiammabili. Senza di essi il fuoco non avrebbe trovato alimento sulla scala in pietra. Monitoraggio da parte delle istituzioni, bonifica dei locali e servizi di sostegno psicologico alle vittime inabili avrebbero probabilmente evitato la tragedia e la distruzione”.

 

 

La tragedia è avvenuta all’interno della Torre Sveva un monumento d’interesse collettivo che non è stato tutelato. Quali sono i danni che ha subito?

“Bisogna tener presente che la torre ed il palazzo non sono vincolati, ma rientrano a pieno nei dispositivi dell’art. 11 lettera A del Codice dei Beni Culturali che pone sotto tutela gli elementi identitari (lapideo, capitelli e colonne delle bifore, ecc.), architettonici e storici della struttura. Un sistema misto valido sia per i beni pubblici che per quelli di proprietà privata studiato per tutelare il patrimonio culturale “reale”. Lo dice la III sezione della Cassazione Penale con sentenza n. 21400 del 15/02/2005 che afferma come in tema di beni culturali, il riferimento contenuto nell’art. 2 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 alle ‘altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà’ costituisce una formula di chiusura che consente di ravvisare il bene giuridico protetto dalle nuove disposizioni sui beni culturali ed ambientali non soltanto nel patrimonio storico-artistico-ambientale dichiarato, ma anche in quello reale, ovvero in quei beni protetti in virtù del loro intrinseco valore, indipendentemente dal previo riconoscimento da parte della autorità competenti. Ciononostante, il bene è rimasto privo di vigilanza e riempito di spazzatura infiammabile. La Torre campanaria del Duomo è stata gravemente danneggiata, gli antichi soffitti lignei con fasce dipinte carbonizzati, i solai che legavano le pareti sono collassati, le malte sfarinate e le antiche mura con le bifore gotiche rischiano di collassare”.

 

 

Qual’è il valore storico culturale della Torre Sveva?

“Parliamo di un’opera che costituisce uno dei principali monumenti della città, con imponenti bifore aragonesi gotico fiorito, presente in tutte le mappe antiche della città, incluse le cinquecentesche delle Biblioteche Angelica e del Pacichelli. Lo conoscono bene gli storici dell’arte e la Fondazione Cassa di Risparmio il cui presidente Mario Bozzo è stato l’unico ad esprimere interesse e preoccupazione. Costruita nel 1100, nel secolo successivo venne ampliata realizzando l’ultimo livello a pianta ottagonale coeva, come le torri sveve del Castello, e la copertura a cuspide piramidale a base ottagonale che lega le torri con uno stile ricco di significati simbolici ed esoterici. Fu inaugurata con il duomo il 30 gennaio 1222 dall’Imperatore Federico II di Svevia. Rievocata come simbolo del suo presule da Dante nel Canto III Purgatorio Divina Commedia, “Se il Pastor di Cosenza …” e da D’Annunzio nelle Laudi con la tragedia di Isabella d’Aragona, il cui corpo venne bollito, forse nella torre, e sepolta nel Duomo (come ricordato dal cronista Saba Malaspina). Con il terremoto del 1638, la torre fu danneggiata nell’ultimo piano campanario, perse la sua funzionalità e venne quindi inglobata nel palazzo Compagna, uno dei più opulenti della città”.

 

 

La dimora di corso Telesio andata in fiamme era stata aperta al pubblico. Qual’era il suo progetto?

“Nelle altre città le convenzioni pubblico-privato dirette ad implementare e diversificare l’offerta culturale sono ricorrenti. A Cosenza non c’è un palazzo con carattere privato aperto al pubblico. La mia casa era l’unica, ad aver conservato l’atmosfera di dimora patrizia, con intatti gli arredi, l’antica quadreria, i ritratti di personaggi locali ed artisti del sei-settecento autoctoni, l’iconografia completa degli umanisti cosentini ed i loro testi, mobili d’artigianato locale, curiosità come portantine e vecchi servizi, qui si poteva conoscere un esempio di dimora antica, usi di vita e documentare una peculiarità cittadina”.

 

 

Lei come utilizzerebbe i 90 milioni di euro di fondi CIPE stanziati per la riqualificazione del centro storico?

“Innanzitutto agirei sulla messa in sicurezza dei palazzi pericolanti che minacciano l’incolumità dei residenti. Ritengo che bisogna agire sulle emergenze per conservare quello che c’è, dalle abitazioni agli affreschi, prima di pensare a nuovi progetti. Successivamente penserei a restaurare ed implementare i percorsi culturali cosentini. Comune di Cosenza e Regione Calabria dovrebbero inserire la torre federiciana, visto che Federico II di Svevia è noto in tutto il mondo, in questo piano di recupero in un progetto integrato da presentare al Ministero per il suo recupero. In più restaurerei il palazzo di Casa delle culture, con problemi strutturali e d’infiltrazioni d’acqua che ne hanno danneggiato gli affreschi. I medaglioni con i ritratti degli umanisti di Rocco Ferrari, infatti, stanno scomparendo. Riallestirei le collezioni che sono state donate come primo nucleo del costituendo “Museo della Città”, un luogo dove conoscerne la storia, come in tutte le altre città. Era stato progettato un percorso turistico con questa prima tappa dove raccogliere le informazioni per una visita mirata a “Cosenza vecchia” attraverso le testimonianze dalle donazioni delle famiglie storiche iniziando da Irene Telesio.

 

Collezioni che meritano di essere preservate e valorizzate per riaffermare l’identità culturale nella sua complessità. Il progetto espositivo di Casa delle Culture infatti voleva offrire una panoramica delle vicende locali dalle testimonianze risorgimentali a ricordo del pregnante contributo dei cosentini; conserva fondi fotografici dal 1850 alla prima guerra mondiale; ritratti e note biografiche dei cittadini che hanno dato nomi a strade e piazze che consentono di dare un volto ed una storia a chi ogni giorno ne percorre e ne vive la toponomastica. Repertori di ritratti delle famiglie cosentine che ne hanno fatto la storia, costumi tradizionali e della mode di un secolo e mezzo, l’evoluzione della struttura urbana; gli interni dei palazzi con gli arredi, documenti essenziali per far conoscere com’erano i palazzi cosentini all’interno di cui oggi si vedono solo facciate spettrali. Attraverso abiti del tempo, corredi e tessuti locali, manufatti della cultura agropastorale, giocattoli, maioliche, ex voto, testimonianze materiali locali tra artigianato, arti decorative e creatività artistica, un patrimonio documentano-etnico-culturale da incrementare, selezionare, riallestire e supportare didascalicamente, che può restituire identità, soggettività culturale di un passato di alto significato civile, senso di appartenenza per conoscere di più ed amare la nostra città”.

 

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