Alle messe per commemorare Serafina, Antonio e non era presente nessun rappresentante dell’amministrazione comunale. La rabbia di ultrà, amici e vicini di casa
COSENZA – Ieri pomeriggio Cosenza ha ricordato la morte di Serafina Speranza, Roberto Golia e Antonio Noce intrappolati tra le fiamme in un appartamento del centro storico. Le celebrazioni si sono tenute al Duomo e nella chiesa di San Nicola. Presenti alla messa vicini di casa, ultrà, amici ed esponenti della società civile con Padre Fedele che ha affiancato il parroco durante la liturgia. Assente l’amministrazione comunale. Nessuno ha inteso rappresentare il municipio di Cosenza in questa giornata volta a non dimenticare lo stato di abbandono in cui vivevano i tre defunti. Al termine del rito religioso sono state espresse alcune amare considerazioni in merito alle condizioni in cui vivono i residenti di Cosenza Vecchia tra quartieri in cui non esiste alcun tipo di sicurezza tra crolli, incendi, allagamenti, black out e disoccupazione. Il sentimento diffuso è il timore che una tragedia come quella del 18 Agosto 2017 possa ripetersi e che i 90 milioni di euro destinati a riqualificare la zona siano solo uno strumento per favorire la speculazione edilizia.
“Abitavo a piazza Duomo, – racconta Roberto, ultrà storico di Cosenza Vecchia – conoscevo sia loro che i genitori. La loro morte mi ha colpito direttamente. Forse se ci fossero stati i bocchettoni per far prendere l’acqua ai Vigili del Fuoco si sarebbero salvati. Quella zona è pericolosissima perché ogni casa è attaccata all’altra quindi è facile che le fiamme si propaghino velocemente. C’è molta rabbia tra i residenti già esasperati dai disagi quotidiani con cui sono costretti a convivere. Solo chi abita a Cosenza Vecchia può capire davvero l’emergenza e il degrado in cui sta sprofondando il centro storico”. Quartieri che oltre al crollo infrastrutturale si stanno avviando ad un vero e proprio ‘crollo psicologico’. “Ha ragione Roberto, il vero problema è la sicurezza non abbiamo un sistema antincendio. In più – spiega Gaetano – i servizi sociali tra i nostri quartieri, in cui vi sono situazioni di estrema difficoltà all’interno delle famiglie, di fatto non esistono. La famiglia Noce, nonostante i problemi che avesse avuto in passato e i disturbi mentali di cui soffriva, è stata abbandonata a se stessa. Tra i vicoli c’è gente che vive da sola senza nessun tipo di welfare, nella vergogna di chiedere aiuto. Non escludo che quello che è successo ai Noce possa ripetersi, ci sono altre persone che vivono in quelle condizioni ignorati dagli assistenti sociali. Aprite gli occhi, datevi una mossa, perché noi ci siamo stancati”.
“Conoscevo Serafina, Antonio e Roberto – afferma Francesco davanti la chiesa di San Nicola dove l’ex maresciallo Cosimo Saponangelo ha inteso commemorare la loro scomparsa – e mi duole che dopo un anno non vi sia verità per questa morte oscura. Si pensa a costruire grandi opere invece di riqualificare l’esistente. Genova dovrebbe servirci da esempio. Le persone morte per il crollo del ponte sono vittime dello Stato come la famiglia Noce. Catastrofi annunciate. Credo che nel centro storico di Cosenza purtroppo si consumeranno altre tragedie simili se non si interviene in maniera seria sulla messa in sicurezza. E pare che non ve ne sia alcuna intenzione. Si continua ad investire in colate di cemento inutili: Ponte di Calatrava, metro, ovovia. Si ignorano però i poveri lasciati in stato d’abbandono, i rom, mentre le case da assegnare alle famiglie in difficoltà vengono usate per garantire bacini di voti alle elezioni ai soliti noti. Alle realtà che denunciano queste ‘anomalie’, come il comitato Piazza Piccola, vengono sbattute le porte in faccia o, nel migliore dei casi, vengono date risposte inconcludenti che non hanno mai come priorità la tutela dell’incolumità dei cittadini. Cosenza Vecchia non è solo la vetrina di Corso Telesio, iniziate a calpestare i vicoli ‘dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi’ per conoscere le dinamiche che governano il centro storico”.
“I quartieri Santa Lucia, San Tommaso e San Francesco sono invivibili, – dichiara un altro dei residenti del centro storico che ha visto morire la famiglia Noce – i vicoli pieni di topi, scarafaggi e spazzatura. Si è speso tanto per abbellire il centro città, ma non Cosenza Vecchia. Non è solo una colpa del sindaco Mario Occhiuto, è da almeno venti anni che la politica cosentina ignora il centro storico. Certo che la sua operazione di sgombero dei rom dagli argini dei fiumi non ha aiutato, visto che adesso si sono spostati tra i vicoli di Cosenza Vecchia in stabili con condizioni strutturali ed igienico sanitarie decisamente precarie. Ci sono famiglie che non hanno i bagni in casa e fanno i loro bisogni in strada. Questo va detto, non nascosto. Esistono associazioni di residenti, San Pancrazio e Santa Lucia, che fanno doposcuola ai bimbi di ogni nazionalità. Sono loro l’unico presidio sociale esistente per l’integrazione e per dare speranza a questi fanciulli tentando di strapparli al degrado culturale. Per fare ciò non serve il museo di Alarico costruito per esporre un tesoro che non esiste e osannare un re che, se è vero che si è fermato a Cosenza (pare sia una semplice leggenda del 410) ha portato solo sofferenza, distruzione, saccheggio e morte”.
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