L’uomo è stato trasportato d’urgenza all’Ospedale di Cosenza dove è morto pochi giorni dopo essere stato ricoverato
COSENZA – Un litigio o una caduta accidentale. Non è ancora stata stabilita la causa che ha portato alla morte di Marco, senzatetto di nazionalità polacca trovato privo di sensi tra le aiuole della Villa Nuova di Cosenza. Il 55enne, che da circa venti anni viveva in città, era benvoluto tra tutti coloro che lo conoscevano. Per diverso tempo ha abitato nell’Oasi Francescana, poi si è trasferito sotto il ponte lungo il Crati dove in quel periodo dormiva anche Padre Fedele in segno di protesta contro la magistratura. Schivo e di poche parole, nonostante fosse preda dell’alcolismo, non era solito importunare i passanti o gli amici che si intrattenevano a bere e chiacchierare tra le panchine e i parchi della città. Il 1° agosto sembrerebbe fosse in compagnia di italiani e connazionali quando, all’improvviso, ha battuto il capo ad uno dei cordoli che cingono i vialetti della Villa Nuova, ormai diventata la casa di Marco. Il suo corpo è stato ritrovato, in pieno giorno, dai carabinieri che hanno immediatamente allertato i sanitari del 118. L’ambulanza lo ha quindi trasportato d’urgenza in Ospedale, ma a distanza di tre giorni il suo cuore ha cessato di battere.
L’emorragia cerebrale in corso non gli ha dato alcuno scampo. La sua salma da allora è conservata nell’obitorio dell’Annunziata in attesa di essere sottoposta ad autopsia e tumulata. Ad occuparsi delle sue esequie non potranno essere i suoi familiari. La madre, una 90enne che vive in Germania, ha già comunicato che le sue condizioni economiche e di salute non le permetteranno né di assistere né di celebrare i suoi funerali. Sul caso indagano i carabinieri della Compagnia di Cosenza che hanno ascoltato diversi frequentatori del parco, senzatetto e i numerosi polacchi che lo conoscevano. L’obiettivo è quello di ricostruire la dinamica che ha portato Marco a sbattere con la testa sul cemento. Bisognerà capire se le ferite riscontrate sul suo corpo siano frutto di una colluttazione o di una caduta rivelatasi fatale. Al momento gli investigatori non escludono alcuna ipotesi. A seguire la vicenda in prima persona è il suo amico Padre Fedele il quale lo definisce “mio figlio, mio fratello. Ha dormito un anno nel mio camioncino. Era una persona stupenda”.
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