“E’ inutile pensare di salvarsi con i soldi degli usurai. Si getta denaro e si aggravano le sofferenze”
COSENZA – Un’esperienza di vita negativa da cui trarre insegnamento. Descrive così il suo incubo un imprenditore cosentino vittima di usura. “Alla fine degli anni Novanta – racconta senza reticenze un ultracinquantenne reduce da turbolente vicende economiche – mi sono ritrovato ad avere seri problemi finanziari. Alcuni clienti non pagavano e per far fronte alle scadenze con i fornitori mi sono dovuto rivolgere a due noti pregiudicati. Purtroppo non avevo la possibilità di chiedere aiuto a familiari o amici. Le banche invece, per assurdo, ti danno una mano solo quando in realtà non ne hai necessità. Quando hai bisogno sei già in una condizione in cui l’accesso al credito ti è proibito e anche se sei in regola la lentezza dell’iter induce a rivolgersi altrove perché i loro tempi biblici non permettono di coprire le scadenze.
Ho chiesto prima dieci milioni di lire. Ogni mese dovevo dargli un milione. Il tasso di interesse era del 10% mensile da consegnare in una busta. La stessa persona che mi aveva fatto il prestito veniva in azienda a prenderla oppure ci vedevamo in un bar del centro città. Una spesa che aggiunta alle altre difficoltà che già avevo ha aggravato la situazione. Dopo neanche sei mesi mi sono ritrovato a chiedere un nuovo prestito ad un altro soggetto poco raccomandabile. Dieci milioni di lire. Ho così raddoppiato il debito e ogni mese dovevo dare un milione ad uno e un milione all’altro. Si tratta di due presone che oggi non ci sono più: il primo è morto in un omicidio, il secondo per cause naturali.
Fino a quando sei puntuale nel pagare la ‘rata’ i rapporti sono cordiali, se ritardi inizia un’escalation di minacce che continuano finché, appunto, non paghi. Con una serie di acrobazie fiscali che a volte sforavano nell’illegalità sono riuscito a saldare il mio debito. La priorità erano diventati ‘loro’. Paradossalmente anche i fornitori per i quali mi ero rivolto agli ‘strozzini’ erano passati in secondo piano. Anche davanti alla necessità di fare la spesa, pagare le bollette, le rate dell’auto i soldi li conservavo per coprire la ‘rata’. Nonostante ciò, finché i rapporti erano civili, queste persone le vedevo come coloro che mi avevano dato la possibilità di risolvere il problema che poi però si è palesato dopo con selvaggia violenza. E’ la paura che spinge a non denunciare. Non rifarei mai la scelta di chiedere dei soldi ‘ a strozzo’.
L’USURA NEL 2019
Oggi vedo una maturità diversa. Alle prime avvisaglie di crisi gli imprenditori chiudono, non si intestardiscono a mandare avanti aziende poco redditizie. Personalmente a chi dovesse trovarsi nella mia stessa condizione consiglierei di lasciar perdere. Meglio la disoccupazione che quest’ansia che annienta qualsiasi tipo di serenità. L’ho capito dopo, con l’esperienza vissuta. Non ne vale la pena, tanto si abbassa la saracinesca lo stesso. Si evita però di buttare soldi, allungare le sofferenze e ammalarsi. Negli anni Novanta era una pratica molto più diffusa rispetto ad oggi dove le vittime sono spesso persone schiave di droga o ludopatia. Certo si continuano a subire altre forme di usura come quella bancaria, dei mutui, delle cartelle Equitalia. Grazie all’informazione e alla preparazione di diversi professionisti a volte si riesce ad arginare anche questo giogo. Inoltre è più facile grazie al web entrare in contatto con le associazioni antiusura e servizi che in passato erano appannaggio di pochissimi cittadini”.
L'articolo Il monito di un imprenditore vittima di usura: “Meglio la disoccupazione che gli strozzini” è stato pubblicato da QuiCosenza.it.