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Channel: Maria Teresa Improta, Autore presso quicosenza
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A Cosenza alimenti scaduti per famiglie indigenti, il Banco Alimentare: “Nessun pericolo”

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Gli utenti preoccupati gettano cibi e bevande, mentre le aziende certificano che i prodotti sono commestitibili.

 

COSENZA – Il Banco Alimentare dal 1989 si occupa di combattere la fame e gli sprechi. A Cosenza è presente dal 1996 con la sua prima sede in Calabria, regione che lo scorso anno ha raggiunto il record nazionale di quantitativi di alimenti recuperati e redistribuiti in Italia. Gli enti caritatevoli del territorio si occupano di acquisire prodotti e distribuirli ai bisognosi. Per avere un’idea del volume di ‘solidarietà’ del Banco Alimentare basta pensare che nell’arco del 2015 sono stati distribuiti 6.951 tonnellate di prodotti per un valore commerciale di oltre i 10 milioni di euro. In Calabria sono accreditati 602 tra associazioni e parrocchie, 42 solo nella città di Cosenza con 8.626 cosentini che hanno beneficiato della ‘spesa’ del Banco Alimentare che dona ai più bisognosi: pasta, riso, latte, biscotti, biscotti per l’infanzia, formaggi (grana parmigiano, provolone e pecorino), confetture, legumi, polpa di pomodoro, olio, tonno, farina, zucchero, omogeneizzati, mele, pere, fragole, kiwi, cetrioli, cipolle, arance, mandarini, insalate, angurie.

 

Tra loro c’è chi nei giorni scorsi ha lamentato la presunta scarsa qualità degli alimenti distribuiti. L’utente sostiene che diversi prodotti vengano consegnati alle famiglie anche oltre la data di scadenza. “Il banco alimentare – scrive un uomo dopo aver ritirato il 6 dicembre le ‘buste’ alla parrocchia di San Francesco Nuovo all’Ultimo Lotto di via Popilia – a volte distribuisce roba già scaduta. Di recente alla spesa mensile hanno dato due bottiglie di Coca Cola da due litri, scadute il 27 novembre, tre lattine di Coca Cola Zero, scaduta il 22 novembre e le focaccelle (merendine) del Mulino Bianco scadute il 15 novembre. Questa è una truffa che fanno verso l’Unione Europea che paga le aziende per produrre alimenti destinati ai meno abbienti. Non è giusto distribuire cose scadute che poi finiscono nella spazzatura, mentre queste aziende continuano ad arricchirsi alle nostre spalle. Sono cibi che usano anche i bambini e che invece di essere gettati da loro nella spazzatura vengono consegnati a noi che portiamo un gran peso a casa per poi buttare tutto. Se mangiamo quegli alimenti essendo scaduti potremmo star male e rischiare di finire al Pronto Soccorso”.

 

Un pericolo che però non esiste. A spiegarlo è il presidente del Banco Alimentare di Cosenza Gianni Romeo.”Ci sono prodotti che presentano la dicitura ‘da consumarsi preferibilmente entro il’ e sono commestibili anche dopo la data di scadenza. Ovvio che non sarà possibile mangiare tali cibi a distanza di anni, ma dopo un paio di mesi o qualche giorno non succede nulla. Diversi – chiarisce Romeo – sono i prodotti che mantengono tutte le proprie caratteristiche organolettiche di cui  sono composti. Può capitare che da noi arrivino dei cibi oltre scadenza e sono accompagnati da un certificato dell’azienda che li produce in cui si attesta che sono consumabili entro due mesi, quattro mesi dipende dal tipo di alimento. Pasta, biscotti, farina sono prodotti che non si degradano così come le focaccine della Mulino Bianco e la Coca Cola. E’ un problema più di ordine commerciale per garantire un certo ricambio nelle produzioni. La mentalità diffusa è però quella del ritenere tali alimenti nocivi da gettare nella spazzatura, ma non è così”.

 

ECCO LE STRUTTURE DI COSENZA CHE SI OCCUPANO DI DISTRIBUIRE GLI ALIMENTI AI BISOGNOSI

 

Denominazione Struttura Indirizzo Struttura Referente Telefono
COOP. SOCIALE LA TERRA A.R.L. VIA CASTELLO, 5 GIOVANNI  ROMEO 3468895041
GRUPPO CAR.P. S. GAETANO P.ZZA T. ORTALE, SNC DON SALVATORE FUSCALDO 3286622268
GRUPPO CAR.P. S. FRANCESCO NUOVO VIA POPILIA, SNC FRANCESCO CASSANO 3473063631
GRUPPO CAR.P. S. FRANCESCO NUOVO VIA POPILIA, SNC FRANCESCO CASSANO 3473063631
CASA FAMIGLIA S.TERESA DEL B.G. VIA DEI MARTIRI, 9 SUOR CARMELA VOLPINTESTA 098426132
IST. CUORE IMMACOLATO DI MARIA VIA DEGLI STADI, 46 SR IDA GIUSEPPINA MICELI 098432525
IST. CUORE IMMACOLATO DI MARIA VIA DEGLI STADI, 46 SR IDA GIUSEPPINA MICELI 098432525
FONDAZIONE CASA S. F.SCO D`ASSISI ONLUS VIA ASMARA FR.GIOVANBATTISTA SALVATORE URSO 098421664
GRUPPO CAR.P. S. FRANCESCO D`ASSISI M.BERARDI, SNC PADRE FRANCESCO CALOIERO 3397416147
GRUPPO CAR.P. S. FRANCESCO D`ASSISI M.BERARDI, SNC PADRE FRANCESCO CALOIERO 3397416147
GRUPPO CAR.P. S.VITO MARTIRE C.DA MOTTA PAOLO SANTIPROSPERI
GRUPPO CAR.P. S.TERESA PIAZZA S. TERESA, SNC SAC. DARIO DE PAOLA 098422098
SUORE DOMENICANE S.CROCE VIA DON LUIGI MALETTA, 32 SR MARIA ROSARIA VITAGLIANO 098421466
ISTITUTO SUORE PICCOLE OPERAIE CS C.SO VITTORIO EMANUELE, 33 SR LINA D`ACRI 098421189
GRUPPO CAR.P. S. ANIELLO PANEBIANCO, SNC DON ANTONIO MORCAVALLO 098438215
A.M.I.C.I.B. POPILIA, SNC PAOLO GIOVANNINI 098431846
A.M.I.C.I.B. POPILIA, SNC PAOLO GIOVANNINI 098431846
GRUPPO CAR.P. S. M. MADRE DELLA CHIESA COSMAI, SNC FRANCESCO BONOFIGLIO 3339750801
GRUPPO CAR.P. S. M. MADRE DELLA CHIESA COSMAI, SNC FRANCESCO BONOFIGLIO 3339750801
IST. ANCELLE FRANCESCANE DEL BUON PASTORE VIA MONTEVIDEO 13/B SR.FLORA LUBERTO 3339169862
ASS.ITAL.SCLEROSI MULTIPLA C.DA SERRA SPIGA C/O ASL, 4 ANNA  BATTA VELTRI 0984393562
IST. PER LA FAMIGLIA – SEZ. 98 VIA FIUME, 11 MARIA MINARDI 098419035
ASSOCIAZIONE DI VOLONT. LA SPIGA VIA SAVERIO ALBO FRANCESCA PALETTA 0984483707
ASSOCIAZIONE DI VOLONT. LA SPIGA VIA SAVERIO ALBO FRANCESCA PALETTA 0984483707
ARCICONFRATERNITA MARIA SS. ANNUNZIATA P.ZZA PARRASIO, 16 IOLE FLORIO 0984466216
CENTRO SOCIO CULTURALE VITTORIO BACHELET C.SO LUIGI FERA, 58 LUIGI  VINCESLAO 0984483050
ASS.STELLA COMETA ONLUS VIA POPILIA, 39 DANIELA  VERCILLO 3388434846
GRUPPO CAR.P. S. GIOVANNI BATTISTA VIA DE RADA, SNC DON PIETRO MARIA DEL VECCHIO 098432726
MO.C.I. VIA POPILIA, 39 SANTO CASERTA 0984414713
MO.C.I. VIA POPILIA, 39 SANTO CASERTA 0984414713
ASS. CENTRO DI ASCOLTO ALLE DONNE VIA PADOLISI FRANCA COSENTINI 3283532149
ASS.NE TERZA ETA` ATTIVA PER LA SOLID. VIA P. REBECCHI, 13 BENITO ROCCA 360855663
ASS. DI VOL IL PARADISO DEI POVERI – LOC. SIBARI VIA R. MONTAGNA,66 KATIA LITRENTA 098474290
CIRCOLO ACLI CENTRO STORICO VIA DEGLI ALIMENA, 76 GIAMAICA PUNTILLO 3284365668
ASSOCIAZIONE LIBERAMENTE VIA PANEBIANCO FRANCESCO COSENTINI 3468435350
GLI ALTRI SIAMO NOI ALBERTO SERRA, 46 ADRIANA  DE LUCA 0984393562
SOCIETA`COOPERATIVA SOCIALE A. R. L. L`INCONTRO VIA DEGLI STADI, 69 FRANCESCA LO DUCA
ASSOCIAZIONE ONLUS FRANCO LOISE VIA MINZONI, 10 GIULIANA CALABRESE 098476850
SANTUARIO SS. CROCIFISSO DEI FRATI CAPPUCCINI VIA RIFORMA 4 FRA MARCELLINO SALVATORE VILLELLA 098426592
CROCE ROSSA ITALIANA COMITATO LOCALE DI COSENZA C.DA SERRA SPIGA S.N.C. ANTONIO SCHETTINI 3382120399
GR. CAR. PARR. SANTI PIETRO E PAOLO VIA CAPODEROSE ANTONIO ABRUZZINI 330526360
LOTUS SALUTE, SOLIDARIETÀ, TERRITORIO VIA CORRADO ALVARO, 38 ANGELA RICCETTI 3405645528
CASA FAMIGLIA SACRI CUORI VIA ASMARA, 10/F
IST. MINESTRA S. LORENZO VIA PADOLISI, 12
CASA FAMIGLIA S.TERESA DEL B.G. VIA DEI MARTIRI, 9
IST. CUORE IMMACOLATO DI MARIA VIA DEGLI STADI, 46
ISTITUTO DIVINA PROVVIDENZA MOTTA, 4
ASS. VOLONTARIATO SAN PANCRAZIO SARTORIO CLAUSI, 9
ASS. COMUNITA` REGINA PACIS CASA NS SIGNORA DI GUADALUPE V.LE DELLA REPUBBLICA, 136

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Bimbo morto nella piscina di Campagnano, il medico legale: “Decesso per annegamento”

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Giancarlo Esposito secondo il perito si sarebbe salvato se solo fosse stato soccorso tempestivamente.

 

COSENZA – Nuova udienza oggi al Tribunale di Cosenza per stabilire le responsabilità del decesso di Giancarlo Esposito. Il bimbo di quattro anni, fu ritrovato cadavere a bordo di una delle piscine della struttura comunale sita in località Campagnano dai sanitari del 118 il 2 luglio del 2014. Inizialmente erano state diffuse notizie in merito ad una presunta patologia di cui poteva essere affetto il bimbo e che ne avrebbe provocato il decesso. Di tale malformazione dell’apparato cardiocircolatorio, a seguito degli esami necroscopici, pare non siano state trovate tracce tali da giustificarne la prematura scomparsa. Della morte del piccolo Giancarlo sono chiamati a rispondere cinque imputati accusati in concorso di omicidio colposo. Si tratta delle istruttrici Francesca Manna di 65 anni, la figlia Luana Coscarello quarantunenne, Martina Gallo classe 1993, Ilaria Bove ventiquattrenne ed il rappresentante legale della Cogeis a cui il Comune di Cosenza ha appaltato la gestione della struttura, l’ex assessore allo Sport Carmine Manna.

 

Stamattina è stato chiamato a testimoniare uno dei medici legali che ha assistito all’autopsia del bimbo. Il perito, l’anatomo-patologo Vannio Vercillo, nominato dalla Procura di Cosenza ha spiegato chiaramente al giudice Marco Bilotta cosa è emerso dagli esami necroscopici e cosa si può dedurre dalle informazioni raccolte. Rilevata la presenza di acqua nei polmoni pare sia stata scartata sin da subito l’ipotesi di un malore improvviso o di una caduta. Reggerebbe poco anche la teoria della morte causata dalla presunta malformazione perché come ha spiegato il perito Vercillo “il versamento pleurico riscontrato sarebbe stato bilaterale se si fosse trattato di un problema cardiaco. Il liquido invece era solo da un lato della pleure. Il bambino era a stomaco vuoto al momento dei fatti. Posso dire sicuramente che non è stato soccorso in maniera tempestiva.

 

Il bimbo se solo fosse stato tirato fuori dall’acqua in tempo si sarebbe salvato. Purtroppo è stato portato a bordo piscina quando già era in fase asfittica. Posso dire – ha affermato il medico legale Vercillo – che il decesso è avvenuto per enfisema acquoso polmonare. I tentativi di rianimarlo sono iniziati quando ormai era in arresto cardiaco altrimenti, le possibilità di sopravvivere sarebbero state nettamente maggiori. La quantità d’acqua ingerita non era considerevole, ma comunque sufficiente per portare all’annegamento. L’edema cerebrale riscontrato nel corso dell’autopsia inoltre testimonia che la sofferenza respiratoria è durata un tempo lungo, almeno tre minuti. Era però un fenomeno reversibile anche se le lesioni ischemiche che ha provocato avrebbero potuto causare al bimbo danni permanenti, ma non certo la morte”. Al termine della testimonianza il processo è stato aggiornato al prossimo 20 gennaio quando sarà audito il professor Francesco Vinci, dell’Università di Bari, noto per il ruolo di consulente legale nella difesa di Raffele Sollecito indagato per l’omicidio della studentessa Erasmus inglese Meredith Kercher il quale eseguì l’autopsia sul corpo del piccolo Giancarlo.

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Triplice omicidio a Cassano, quel ‘mi piace’ su facebook cliccato dopo la scomparsa

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Nuovi dettagli sul delitto. Ancora confusione su chi stesse guidando la Fiat Punto, mentre il padre di Cocò evade dal carcere.

 

COSENZA – Un delitto che la Calabria faticherà a dimenticare facilmente. Tre corpi carbonizzati in agro di Cassano allo Ionio: un noto pregiudicato cinquantaduenne Giuseppe Iannicelli, il nipotino di tre anni Coco’ Campilongo e la compagna del nonno, la marocchina di ventisette anni Ibtissam Touss. Una vera e propria tragedia annunciata. Iannicelli sapeva di rischiare la propria vita quotidianamente per dei contrasti sorti con il clan degli Abbruzzese per la gestione del narcotraffico sul territorio. Per questo motivo, mesi prima che fosse ritrovato cadavere, aveva fatto un appello per richiedere la scarcerazione della figlia affinché potesse prendersi cura del bambino. All’epoca dei fatti la maggior parte dei componenti della famiglia Iannicelli si trovava ristretta in carcere ed il piccolo era stato quindi affidato alle cure del nonno.

 

Dalle sbarre della cella della Corte d’Assise del Tribunale di Cosenza la mamma, la nonna e la zia del piccolo Cocò ancora sottoposte a misura cautelare ascoltano con attenzione le parole dei teste. Stamattina inanzi al collegio giudicante presieduto da Giovanni Garofalo con a latere il giudice Francesca Vuono sono state ascoltati più testimoni. Il tenente di Cassano allo Ionio Dileo che ha partecipato alle indagini ha raccontato di uno strano episodio accaduto nelle ore successive alla denuncia della scomparsa dei tre sporta in caserma dal figlio minorenne di Iannicelli, Giuseppe Junior e dal fratello Battista. La figlia di uno dei due imputati Eleonora Donato (che all’epoca aveva una relazione con il figlio di Iannicelli, Giuseppe Junior) mostra ai carabinieri che si erano portati presso l’abitazione della famiglia Iannicelli il suo profilo facebook. Tra i post una sua foto e un ‘mi piace’ cliccato alle 22.02 da Betty Touss, profilo social di Ibtissam Touss il giorno successivo alle denuncia della sua scomparsa.

 

Qualcosa non quadra tant’è che acquisiti i messaggi whatsapp che il ragazzino preoccupato aveva inviato ad un amico sarebbero emersi altri indizi inquietanti. L’adolescente pare infatti avesse incontrato i due imputati accusati del triplice omicidio Cosimo Donato e Faustino Campilongo. Al suo amichetto con un messaggio vocale della durata di oltre sei minuti aveva confessato i propri sospetti perché ‘puzzavano di benzina’. Al ragazzo che in seguito troverà una foto osé del padre sul cellulare della fidanzatina che in realtà era il telefono della ragazza marocchina che le aveva consegnato Donato aveva detto che erano andati a rubare del gasolio. Con un calcio uno dei due presunti assassini aveva redarguito l’altro di fronte a Iannicelli Junior invitandolo a stare attento a quanto stava affermando.

 

La loro versione non aveva convinto il ragazzino che voleva andare verso contrada Fiego a vedere cos’era quella colonna di fumo che vedeva da casa, ma i due lo fecero desistere dal proprio intento.  Un teste al termine dell’udienza ha nuovamente ribaltato la versione resa da un vicino di casa le scorse settimane. L’uomo ha infatti affermato di aver visto Ibtissam Touss alla guida della Punto grigia mentre era fermo ad un distributore di carburante. La donna venne poi ritrovata cadavere ore dopo carbonizzata al volante della stessa auto con il compagno cadavere nel bagagliaio e il bimbo sul sedile posteriore. Ancora mistero quindi su chi condusse l’auto sino a contrada Fiego. Un’unica certezza: i tre come emerso dalla testimonianza di una cassiera del Penny Market prima di morire erano andati due volte in un’ora a far spesa al supermercato. Nel frattempo nelle scorse ore il padre ventiseienne del piccolo Cocò, Nicola Campolongo è evaso dai domiciliari, ma è stato nuovamente tratto in arresto dopo essere stato identificato dei carabinieri mentre passeggiava tra le case popolari di Sibari.

 

 

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Università della Calabria ateneo d’eccellenza, il Rettore mostra dati parlando di complotto (FOTO E GRAFICI)

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Riconoscimenti prestigiosi dalla comunità scientifica internazionale all’Unical. Il rettore Gino Mirocle Crisci lamenta mancati interventi governativi a tutela del diritto allo studio.

 

RENDE (CS) – I numeri parlano dell’Università della Calabria. Al primo posto tra gli atenei del Sud Italia. Su 18mila università nel mondo si colloca tra le migliori 400. Sul web è la 576° ad essere citata. Detiene inoltre il primato nella ricerca che la pone al primo posto nazionale, già sul podio per la qualità delle pubblicazioni di cui 792 risultano tra le migliori a livello internazionale. L’Unical è nella top 200 mondiale dell’eccellenza scientifica. Il settore internazionalizzazione diretto dal prorettore Guerino D’Ignazio, dimessosi tre mesi fa, però non ha consentito di essere in cima anziché al terzo posto della classifica italiana. Risultati raggiunti nella regione europea con il più alto tasso di disoccupazione giovanile.

I ‘SOLDI’ DELL’UNIVERSITA’ DELLA CALABRIA

 

Subendo inoltre, come denunciato dal rettore Gino Mirocle Crisci “penalizzazioni oscene”. Il Fondo di Finanziamento Ordinario non agevola gli studenti del sud. Un esempio. Per ogni iscritto l’Università di Padova finanzia 4.552 euro, mentre all’Università della Calabria non si superano i 2.931 euro. Nonostante ciò nell’ateneo di Arcavacata di Rende la tassazione è nettamente inferiore. A fronte dei 1.250 euro di tributi versati annualmente dai veneti, uno studente medio iscritto all’Unical spende 650 euro. In quest’anno accademico le iscrizioni sono aumentate del 2,81% con 4.100 nuove immatricolazioni. Il problema maggiore però è quello delle borse di studio. Circa duemila studenti idonei non hanno ricevuto alcun tipo di sussidio economico a parte l’esenzione dalle tasse di cui beneficiano 7.000 laureandi e dottorandi. Uno studente su tre, su un rapporto medio nazionale di uno a cinque, all’Unical beneficia di agevolazioni.

 

Oltre ai 95 milioni ed 800mila euro stanziati dal Governo, ad un milione e 800mila euro dedicato alla copertura delle borse di studio finanziato dalla Regione Calabria sull’Unical pioveranno altri 22 milioni di euro provenienti dal Fondo per il Sud. Nel suo discorso però il Rettore non ha parlato di sovvenzionare con questo denaro gli studenti, ma il mattone. “Sono ‘soldi freschi’ – ha affermato Crisci – li utilizzeremo per completare residenze ed infrastrutture (almeno 700mila euro per le infiltrazioni d’acqua negli alloggi). E’ già prevista la costruzione di due sale cinematografiche da 250 posti l’una e uno spaccio di cibo biologico. Azioni volte a migliorare la qualità della vita all’interno del campus”.

TECNOLOGIA ED INFRASTRUTTURE ALL’UNICAL

Il Rettore ha oggi inteso chiarire la posizione di prestigio che riveste l’Unical nel panorama nazionale ed internazionale nonché ciò che negli ultimi anni è stato fatto. A partire dalle infrastrutture. Sbandierate le facciate dei cubi ristrutturate in un anno si è ricordato il progetto di potenziamento delle fonti di energia rinnovabili. Istallati: un innovativo impianto di geotermia, impianti fotovoltaici girevoli, pannelli sulle residenze universitarie, sulle biblioteche e sul centro residenziale. Per un investimento pari a 12 milioni di euro. Tecnologia che dal prossimo anno consentirà di ridurre di 900mila euro la spesa per l’energia elettrica sostenuta dall’Unical che non supererà così i 3 milioni di euro rispetto ai 6 milioni di euro che venivano spesi negli anni addietro. Nel 2017 è prevista la copertura internet di tutti gli alloggi ed in ogni guardiola sarà presente un vigilante notturno.

CRISCI ALLUDE AL COMPLOTTO

 

“Ci sono studenti che non riescono a venire a lezione perché non hanno i soldi per pagare il bus. E’ vergognoso. A volte sarei tentato – afferma il rettore dell’Unical Crisci – di denunciare lo Stato per inadempienza. Chiediamo che il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca finanzi le borse di studio perché così si sta violando la Costituzione Italiana e il diritto allo studio. Mi stanno attaccando con pretesti banali. Chi vuole prendere il mio posto tra due anni non sarà più direttore ed avrà un potenziale inferiore di raccogliere voti. Per questo vogliono andare a voto anticipato visto che con la legge Gelmini è possibile sfiduciare un Rettore a due anni dal suo insediamento. L’unico accordo che posso avere con chi chiede le mie dimissioni è quello di dimettermi. Per quanto mi riguarda starò qui altri tre anni. Il problema è di mentalità c’è chi tende a favorire gli interessi personali al discapito della collettività. Dispiace solo che con questi giochi di potere venga lesa l’immagine di un’università che ha lavorato tanto per diventare eccelsa. E’ un delitto”.

 

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Agguato a colpi di arma da fuoco a via Popilia, condannato pregiudicato cosentino

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L’uomo aveva ferito, sfiorandone gli organi vitali, il figlio dell’ex consigliere comunale Roberto Sacco.

 

COSENZA – Un agguato consumatosi al termine di un’accesa campagna elettorale, per ragioni personali e non politiche. Rancori mai sopiti e fraintendimenti avrebbero portato il cinquantunenne Filippo Rovito, già noto alle forze dell’ordine, a sparare tre colpi di pistola contro Vincenzo Sacco. Il ragazzo, figlio di Roberto Sacco, ex consigliere comunale all’epoca dei fatti sostenitore della candidatura di Enzo Paolini alla carica di sindaco, non avrebbe mai immaginato una reazione del genere. Il ventenne era stato accusato dal compagno della mamma della propria fidanzatina di essere la causa di dissidi all’interno della loro famiglia. Rovito attribuiva infatti l’origine della propria separazione dalla coniuge all’assidua presenza del ragazzo in casa.

 

Per questo motivo avrebbe attentato alla sua vita sparandogli contro. Dopo la mezzanotte, tra il 18 e il 19 giugno del 2016, mentre Roberto Sacco alla guida di una Fiat 500 con il figlio seduto lato passeggero attraversa via Popilia, viene raggiunto da alcuni proiettili sparati da una Mercedes nera che sfreccia nel buio endo perdere le proprie tracce. I bossoli sfiorano gli organi vitali del ragazzino, ma per fortuna finiscono nella parte posteriore della vettura. Esattamente nel punto in cui doveva essere seduta la sua fidanzatina che però aveva preferito non lasciare la madre da sola ed andare in auto con lei. Le due donne si trovavano così a pochi metri di distanza dalla Fiat 500 al momento dell’agguato e non hanno potuto far altro che assistere alla scena inermi. A distanza di poche ore la Squadra Mobile della Questura di Cosenza aveva individuato come responsabile del gesto Filippo Rovito. L’uomo dopo essere stato tradotto nella casa circondariale di via Popilia ha scelto di essere giudicato con rito ordinario.

 

Oggi al termine dell’udienza preliminare il gip Branda ha accolto la richiesta del pm Donatella Donato condannando Rovito alla pena di sei anni e quattro mesi di reclusione per tentato duplice omicidio. L’uomo dovrà però ora essere processato presso il Tribunale di Castrovillari per rispondere del reato di illecita detenzione di arma da fuoco. La pistola con cui sparò infatti fu gettata e poi fatta ritrovare dal Rovito stesso in un’area di competenza del foro del Pollino nel territorio del Comune di Altomonte. Dal canto loro i due ragazzini non hanno interrotto la loro relazione, mentre il padre in segno di perdono ha deciso di non commentare la ‘vittoria’ giudiziaria. La famiglia Sacco ha inoltre deciso di non costituirsi parte civile precisando che qualora per legge dovesse ricevere dei risarcimenti questi verranno devoluti in beneficenza perché come chiarito dalle vittime: “Noi da lui soldi non ne vogliamo”.

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Cosenza: caos al Pronto Soccorso dell’Annunziata, ambulanze bloccate

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Ancora disagi all’Ospedale Civile di Cosenza dove ai numerosi casi di malasanità e alla carenza dei servizi si aggiunge l’inciviltà degli utenti.

 

COSENZA – Parcheggi selvaggi al Pronto Soccorso dell’Annunziata. E i vigilantes restano a guardare. Immobili. Neanche le forze dell’ordine, polizia e carabinieri, hanno inteso prestare attenzione alla richiesta d’intervento degli autisti delle ambulanze intrappolati nel parcheggio. Per l’ennesima volta, stanotte, quattro mezzi del 118 sono rimasti bloccati all’interno dell’area di sosta del Pronto Soccorso dell’Ospedale Civile di Cosenza. Un’ambulanza proveniente da Paola, per un ricovero d’urgenza in neurochirurgia, è rimasta ferma circa un’ora prima di poter rientrare. Fortunatamente nell’arco temporale in cui, come in un puzzle vivente, gli autisti si sono dovuti cimentare in manovre creative per tirar fuori le ambulanze dal parcheggio non è pervenuta alcuna richiesta di soccorso. Le guardie interpellate dagli operatori si sono trincerate dietro un ”non sappiamo nulla”, mentre l’auto di un privato abbandonata nell’area dedicata ai mezzi di soccorso ha letteralmente paralizzato tutti i servizi di pronto intervento.

 

Nulla è dato sapere sull’eventuale denuncia per interruzione di pubblico servizio che le forze dell’ordine avrebbero dovuto notificare a carico dell’indisciplinato utente dell’Annunziata che ha bloccato all’interno del Pronto Soccorso quattro ambulanze. Ciò che è ormai noto è che l’Azienda Ospedaliera rifiuta ogni tipo di responsabilità in merito. Anzi. Nelle scorse settimane un autista che era stato costretto a parcheggiare fuori dall’area dedicata occupata da auto di privati è stato multato per aver portato in barella il paziente all’interno dell’ospedale. La multa inizialmente intestata all’Azienda Ospedaliera, su richiesta dell’amministrazione, è stata poi indirizzata all’operatore che dovrà pagare di tasca propria. Una situazione grottesca che ben si sposa con il raccapricciante scenario che quotidianamente l’Ospedale di Cosenza regala ai propri utenti.

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Un anno di Occhiuto tra complotti e grandi progetti per la Cosenza del futuro

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Piazza Bilotti emblema del 2016 cosentino, mentre per il 2017 il sindaco promette il taglio del nastro del Ponte di Calatrava.

 

COSENZA – Il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto ha stilato oggi un bilancio di ciò che è stato fatto nel 2016 e di ciò che sarà realizzato nel 2017. Un resoconto autocelebrativo in cui il primo cittadino ha sottolineato, a più riprese, quanto il commissariamento del Comune abbia paralizzato le attività dell’amministrazione. Nonostante i mesi persi, i lavori interrotti, i bilanci da modificare, a suo dire, la città ha continuato ad evolvere. Ovviamente in positivo. “Inutile piangere sul latte versato, – ha affermato Mario Occhiuto stamattina a Palazzo dei Bruzi – bisogna guardare al futuro. Nel 2011 quando ci siamo insediati la situazione delle casse comunali era drammatica. La Corte dei Conti segnalava una situazione di dissesto finanziario che siamo riusciti a risanare con il piano di riequilibrio. Ora Cosenza ha la possibilità di tornare ad investire. A partire dai 18 milioni di euro di finanziamenti per la riqualificazione delle periferie destinati proprio alla città dei bruzi che serviranno a porre rimedio alle pessime politiche urbanistiche adottate negli anni ’60 e ’70. Oltre alle infrastrutture ci occuperemo anche del sociale sia andando ad aumentare le ore di lavoro per i dipendenti delle cooperative che si occupano dello spazzamento, sia fornendo una social card di 80/100 euro mensili a cento famiglie indigenti, sia incrementando il numero di assistenti sociali. In questo anno abbiamo provveduto a ristrutturare tutte le scuole. Abbiamo restaurato il centro storico anche se continuano a criticarci affermando che le case crollano. Il nostro obiettivo è quello di aumentare le visite puntando sul turismo. Solo così Cosenza Vecchia e l’intera città potranno rivivere.

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Stiamo pensando di istituire un centro pedonale, perché il corso pedonale non basta ad estendere i vantaggi commerciali alle strade limitrofe. Il modello deve essere quello delle città antiche con le piazze intese come spazi di socialità e i cittadini in strada. Su Viale Parco – ha chiarito il sindaco mostrando le slide dei progetti – sarà costruita una struttura verde con dei giochi d’acqua per dar vita ad un grande parco lineare che risponde alle esigenze fisico/ambientali del cittadino contemporaneo. Le periferie vanno riprogettate non basta fare la differenziata e sistemare i marciapiedi. Abbiamo rifatto piazza Bilotti, forse è brutta, inutile, ma è un dato di fatto. Non riusciremo a realizzare tutto, però abbiamo progetti ed idee competitivi”. Tra i progetti (riportati in basso) e le attività che il Comune si propone di portare a termine nei prossimi anni duole però constatare che due elementi fondamentali sono stati completamente esclusi: rifiuti e acqua. Nulla è stato infatti detto sulla possibilità di bonificare le bombe ecologiche in città: discarica Sant’Ippolito, discarica Borgo Partenope, rifiuti interrati ‘cupole geodetiche’. Per quanto riguarda la rete idrica e i disagi della gestione Sorical invece il sindaco si è limitato a dire che altri dieci milioni di euro saranno investiti per potenziare il servizio. “Più efficientiamo, meno dipendiamo da Sorical” ha affermato Mario Occhiuto ignorando completamente la possibilità di municipalizzare il servizio come hanno già fatto altre realtà da Napoli a Saracena.

 

“LA CITTA’ CHE VERRÀ“, ECCO I PROGETTI DELLA GIUNTA OCCHIUTO

 

  • Restyling piazza XXV Luglio
  • Restyling piazza Riforma
  • Restyling piazza Amendola (realizzazione di una cittadella della musica)
  • Restyling piazza Campanella (realizzazione di un’area pedonale)
  • Restyling Spirito Santo
  • Restyling Casale
  • Restyling piazza Ortale – San Gaetano
  • Restyling corso Plebiscito
  • Realizzazione mercato autolinee (l’autostazione sarà chiusa e diventerà una delle stazioni hub)
  • Realizzazione galleria interna piazza Bilotti con interventi su verde e sulle facciate degli edifici circostanti
  • Realizzazione sei stazioni hub con bus/auto/bici elettriche
  • Restyling ex deposito ferroviario (realizzazione di una cittadella della solidarietà)
  • Realizzazione nuovo collegamento Viale Mancini – Viale Principe
  • Restyling Viale Magna Grecia (creazione collegamento tra San Vito Alto e Ultimo Lotto)
  • Sistemazione argini del fiume Campagnano
  • Nuovo Stadio San Vito – Marulla
  • Restyling quartiere San Vito
  • Restyling via Popilia Ultimo Lotto
  • Realizzazione Mercato Ortofrutticolo Vaglio Lise
  • Nuovo Comando Vigili Urbani
  • Restyling Donnici
  • Realizzazione Museo Alarico (struttura ex hotel Jolly)
  • Riqualificazione area Mancuso e Ferro
  • Realizzazione Ovovia Cosenza Vecchia
  • Realizzazione Ponte Calatrava (entro luglio 2017)
  • Realizzazione area pedonale Lungofiume Gergeri
  • Nuovo Planetario (entro dicembre 2017)

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Racket a Cosenza, imprenditore vittima di estorsione: “Da quando ho denunciato vivo meglio”

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Taglieggiatore tratto in arresto: “Se avessi saputo che era dell’antiracket non ci sarei andato. Non sono un pazzo”.

 

COSENZA – C’è chi paga in silenzio e chi si ribella. Non tutti gli imprenditori pare siano disposti ad accettare di dover regalare il frutto del proprio lavoro alla criminalità organizzata. Molteplici le forme in cui le cosche a Cosenza, come verosimilmente accade in altre città, chiedono la ‘protezione’ a chi possiede un’attività commerciale. Dal classico ‘presente’ per Natale, Pasqua e ‘Ferragosto’, al pagamento di una quota fissa mensile, sino all’imposizione di fornitori e di dipendenti da assumere. Due formule quest’ultime diffusissime che spesso vengono accettate di buon grado dalle vittime, che ormai rassegnate giustificano il proprio prostrarsi ai clan sostenendo la tesi per cui “tanto un operaio avrei dovuto assumerlo/tanto la merce da qualcuno avrei dovuto comprarla”. Poco importa se le prestazioni professionali e i materiali acquistati non sono affatto ‘performanti’ ed economici, la priorità è ‘aver risolto il problema’.

 

LA TESTIMONIANZA DELL’IMPRENDITORE VITTIMA DI ESTORSIONE

In realtà però il ‘problema’ non si risolve affatto. A spiegarlo è un imprenditore che ha denunciato prima Daniele Lamanna e poi Antonio Marotta alias ‘Capiceddra’ arrestato in flagranza quando era tornato a riscuotere la quota della ‘protezione’. “Deve avere paura chi non denuncia, chi lo fa, lavora meglio. Avrei dovuto versare 2.000 euro tre volte l’anno. Per me rivolgermi alle forze dell’ordine – racconta il titolare della pizzeria Le Magnolie – è stata una liberazione. Inizialmente ho pagato, ma vivevo comunque in uno stato di continuo terrore, con seri problemi per la serenità della mia famiglia. Eravamo sempre tesi, non sapevamo a che punto potessero arrivare le loro pretese. Sembrano cose che esistono solo in televisione, solo quando ti chiedono i soldi capisci che sei entrato nel limbo anche tu. Ci hanno provato due volte: prima Lamanna e poi Marotta. Quest’ultimo si è presentato dicendo che era un ‘amico’ di Lamanna.

 

La prima volta ho denunciato in anonimato e, visto che la notizia della mia denuncia non si era sparsa, hanno continuato a venire da me a chiedere denaro. Quindi sono stati scoperti dalle forze dell’ordine. Ho inteso procedere così perché non capivo chi voleva soldi, quanto denaro volesse, il motivo per cui avevano sparato ad altezza d’uomo contro le vetrine ferendo un cameriere. Al processo mi sono palesato costituendomi come parte civile. Se non lo avessi fatto, il mio nome sarebbe apparso solo all’interno delle intercettazioni degli indagati. La seconda volta invece ho apertamente presentato un esposto contro quella persona specifica per tentata estorsione. Poi non sono mai più venuti. Consiglio agli imprenditori che vivono in questa situazione di intraprendere questo percorso. Devono sapere tutti che chi non paga, lavora lo stesso e anche meglio. E’ frustrante dover dare, senza motivo, il frutto dei propri sacrifici a un estraneo”.

 

LE ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE ANTIRACKET LUCIO FERRAMI COSENZA

I soci sono tutti imprenditori, vittime e potenziali vittime di estorsione. Anche a Cosenza esiste un presidio della Federazione Antiracket Italiana, con una pagina facebook dedicata, che offre gratuitamente assistenza legale e supporto psicologico a tutti coloro che denunciano i propri estorsori. Al centro delle attività si pone la sicurezza dell’imprenditore.”Spieghiamo a cosa si va incontro denunciando e quali sono i primi passi da fare. Fungiamo da tramite con le forze dell’ordine. Presentato l’esposto – spiega il presidente della associazione Antiracket Lucio Ferrami Cosenza Alessio Cassano – e terminate le indagini, si va a processo. La prassi prevede la costituzione di parte civile sia dell’associazione sia della vittima di estorsione. Di solito nessuno si pente e torna indietro, per questo le forze dell’ordine dovrebbero spingere gli imprenditori taglieggiati a rivolgersi a noi. E’ importante che chi denuncia non resti solo.

 

Credo che anche chi non è vittima debba sentirsi toccato, noi creiamo gli anticorpi per risolvere questo problema. L’inserimento nella rete associativa rende immuni a questo fenomeno, nessuno si sognerebbe mai di venire da un nostro socio perché sa che verrebbe subito arrestato. Sappiamo che la maggior parte delle attività pagano il pizzo. Non si denuncia perché si ignora cosa succede dopo e questo fa paura. Si pensa che poi bisogna stravolgere la propria vita, chiudere l’attività, andare a vivere in un’altra città, ma non è affatto così. Una volta che si sceglie di non voler più pagare, il coraggio prende il sopravvento sulla paura. Anche perché poi in fondo è proprio dalla paura che nasce il coraggio, sono sentimenti naturali. Il cambio è nella nostra coscienza. In quanto associazione non abbiamo mai subito intimidazioni”.

IL RUOLO DELLE FORZE DELL’ORDINE

Non è necessario l’arresto in flagranza. Le forze dell’ordine possono autonomamente trovare riscontro delle richieste estorsive attraverso le attività d’indagine e procedere all’arresto dell’aguzzino di turno. Certo ciò richiede tempistiche più lunghe rispetto a quando l’imprenditore collabora, fingendo di pagare, e al momento della riscossione il taglieggiatore si trova davanti a sé i carabinieri o la polizia. Emblematico un episodio trapelato dagli ambienti della Questura di Cosenza. Un estorsore tratto in arresto nel corso dell’interrogatorio avrebbe chiaramente spiegato agli inquirenti di non sapere che l’uomo a cui stava chiedendo il pizzo aveva già denunciato i propri taglieggiatori: “Se avessi saputo che era dell’antiracket non ci sarei andato. Non sono un pazzo, sarei andato a chiedere soldi a qualcun’altro”. Un’affermazione che conferma la teoria degli ‘anticorpi’ sostenuta dal presidente dell’Antiracket Cosenza Alessio Cassano.

 

Dal loro canto, spiegano i carabinieri “quando qualcuno si rivolge a noi, o verifichiamo la presenza di presunti atti intimidatori, iniziamo a svolgere attività d’indagine al fine di capire cosa c’è dietro, arginare il fenomeno e arrivare all’arresto. E’ un’attività costante che si svolge durante tutto l’anno sia sul fronte dell’usura che delle estorsioni. Sono lavori lunghi e complessi in cui si cerca sempre di individuare la rete di relazioni in modo da levare dalla morsa del racket e dello ‘strozzo’ più imprenditori possibili. Il problema di fondo è che nel 99% dei casi la vittima non denuncia. Dobbiamo quindi essere noi a risalire al reato senza alcuna collaborazione da parte degli imprenditori. In ogni caso tuteliamo chi è sotto minaccia, o chi potrebbe essere oggetto di vendetta, con diverse attività dalla vigilanza generica radiocollegata alla scorta nei casi più estremi”.

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Via Montesanto riaperta al traffico, ma sarà solo una breve ‘tregua’

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L’amministrazione comunale ha infatti già dichiarato di voler pavimentare l’area trasformandola in isola pedonale.

 

COSENZA – Dalle 22.00 di ieri, Domenica 8 Gennaio, via Montesanto è nuovamente percorribile in auto. Dal 23 dicembre scorso, a seguito di un provvedimento ‘sperimentale’ della polizia municipale di Cosenza, l’arteria parallela a corso Mazzini era stata chiusa al transito nel tratto fra Piazza Scura e Piazza 11 Settembre. L’ordinanza, inizialmente, aveva scatenato le ire dei commercianti che, nell’unico periodo dell’anno in cui potevano sperare di poter incrementare le vendite, sono stati penalizzati dal divieto imposto dall’amministrazione comunale. Le proteste avevano portato ad un iniziale confronto tra gli esercenti e il Comune di Cosenza dal quale era scaturita la modifica dell’ordinanza. Dalla totale interdizione al transito il provvidemento era stato rimodulato trasformando il tratto stradale interessato in Zona a Traffico Limitato.

 

Una soluzione che ha portato ad attenuare soprattutto i disagi per i malati e gli anziani che si recano in farmacia, le gestanti che fanno acquisti, i genitori dei bimbi che frequentano la scuola materna e gli abbonati dell’autorimessa che pur avendo pagato in anticipo il servizio non potevano utilizzare i box per parcheggiare la propria auto. Ieri sera il sindaco Mario Occhiuto ha inteso incontrare un piccolo gruppo di commercianti per stilare un bilancio a ‘caldo’ dell’esperimento appena terminato. Nel corso di un’informale cena si è discusso della futura pedonalizzazione di via Montesanto. Un progetto su cui i commercianti che inizialmente si dicevano scettici, hanno espresso vivo entusiasmo. L’idea è che una volta pavimentata la zona acquisti lo stesso appeal di Corso Mazzini incrementando visite e vendite degli esercenti. Rimosso il divieto di transito si attendono ora i finanziamenti per appaltare i lavori che trasformeranno un altro tratto del centro città in isola pedonale.

 

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Infiltrazioni del clan Lanzino in politica, chiesto rinvio a giudizio per tutti gli indagati

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Processo Acheruntia, nel corso dell’udienza preliminare uno degli indagati ha inteso rendere dichiarazioni spontanee.

 

CATANZARO – Si è tenuta oggi l’udienza preliminare per le ventitré persone coinvolte nell’operazione Acheruntia. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, concussione, corruzione elettorale, usura, frode informatica e porto abusivo di armi. Secondo gli inquirenti alcuni politici avrebbero utilizzato lo spessore criminale di sodali del clan Lanzino per accaparrarsi i voti necessari ad essere eletti per poi ‘barattarli’ con appalti e posti di lavoro. A fungere da tramite tra l’assessorato regionale all’Agricoltura e la cosca sarebbe stato Angelo Gencarelli, ex consigliere del Comune di Acri attualmente ristretto nel carcere di via Popilia in attesa di giudizio. Oggi al termine dell’udienza che si è svolta presso il Tribunale di Catanzaro il pm ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti gli indagati tranne Rinaldo Gentile che è stato già giudicato con rito abbreviato e per il quale è stata richiesta una condanna pari a nove anni di reclusione. Il prossimo 13 febbraio il gup di Catanzaro si esprimerà sulla posizione di Gentile e chiarirà chi tra i ventitré indagati sarà portato alla sbarra. Rischiano di finire a processo tutti fra politici, imprenditori e presunti affiliati al sodalizio criminale.

 

Il gup infatti dovrà decidere in merito ai reati contestati ad Abbruzzese Elio, Abbruzzese Francesco, Belsito Luigi, Bevilacqua Giuliano, Bruno Alfredo, Burlato Giuseppe, Cappello Domenico, Caruso Franco (nato a Lattarico il 02.02.59), Cello Andrea, Cofone Angelo, D’Ambrosio Adolfo, Dolce Claudio, Ferraro Gianpaolo, Gencarelli Angelo, Gencarelli Salvatore, Greco Massimo, La Greca Enzo, Maiorano Luigi, Martorino Gemma, Perri Giuseppe, Rosa Antonio, Tarsitano Giuseppe e Trematerra Michele. Al termine dell’udienza Massimo Greco ha inteso rendere delle dichiarazioni spontanee dinanzi al giudice. L’indagato nel corso del dibattimento ha sottolineato il proprio scetticismo sul suo coinvolgimento nella vicenda. “Non c’entro nulla, – ha affermato Greco in aula – non riesco davvero a capire come possa io essere stato inserito in quel contesto. Mi è capitato di parlare con alcuni dei destinatari degli avvisi di garanzia, ma non ho mai collaborato con loro in nessun tipo di attività. Li conosco e basta“. I legali difensori di Massimo Greco hanno quindi provveduto a depositare alcune perizie foniche, che riguardano il loro assistito, al fine di poterle confrontare con le voci captate nelle intercettazioni ambientali.

 

In foto: Angelo Gencarelli, Giuseppe Perri, Rinaldo Gentile ed Adolfo D’Ambrosio

 

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Trova nel pane un pezzo di mattone: panificio condannato, ma nessun risarcimento

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La confezione da un chilo era stata acquistata a Rende e prodotta a Mangone.

 

COSENZA – Il Tribunale di Cosenza ha condannato il titolare di un panificio di Mangone al risarcimento di un suo cliente. La sentenza, depositata circa un mese fa, si riferisce ai fatti accaduti nel gennaio 2014 quando il cinquantaduenne Aurelio Costabile, dopo aver acquistato a Rende una confezione di pane da un chilo prodotta nello stabilimento di M. F., si è imbattuto in una spiacevole disavventura. Rientrato a casa, dopo aver affettato la forma, ne ha morso un pezzetto. In realtà però non si trattava di pane, ma di parte di un mattone refrattario che il giudice Formoso, ha ritenuto essere frutto delle crepe causate dalle alte temperature a cui sono esposte le pareti del forno. La pietra del diametro di due centimetri, ha causato al cliente la rottura e il distacco della protesi dentaria dell’arcata superiore con conseguente trauma mascellare. Contattato il panificio l’uomo è stato contestato ricevendo come risposta il diniego ad assumere ogni tipo di responsabilità, negando di fatto quanto avvenuto. Aurelio Costabile ha quindi denunciato l’episodio ai Nas e al termine del processo di primo grado ha, apparentemente, ottenuto giustizia.

 

Il Tribunale di Cosenza ha infatti condannato per lesioni colpose M. F. in qualità di legale rappresentante del panificio di Mangone al risarcimento di 2000 euro al suo cliente, al pagamento di una multa di 450 euro e alla liquidazione di tutte le spese processuali. Per il giudice sarebbe bastato osservare “le comuni norme di prudenza e diligenza. Una più attenta pulizia quotidiana del forno ben avrebbe impedito, infatti, il realizzarsi dell’evento lesivo”. Ad oggi, pur tentando di raggiungere un accordo bonario, Aurelio Costabile non è riuscito ad ottenere alcun tipo di risarcimento nonostante la sentenza sia già di per sé esecutiva. Per ora sembrerebbe che il titolare del panificio non intenda liquidare il cliente. Il suo legale in merito non ha inteso rilasciare dichiarazioni riservandosi di replicare in futuro sulla vicenda. L’avvocato che invece assiste Costabile ha fatto notare che per ottenere il denaro stabilito dal giudice bisognerà procedere, se il condannato si rifiuta di liquidare quanto dovuto, con un’azione civile al precetto e al pignoramento con conseguente dilatazione dei tempi ed incremento dei costi. Oltre al danno di non poter riuscire a masticare normalmente i cibi, la beffa di non ottenere a tre anni di distanza il denaro che gli spetta per riavere una protesi dentaria.

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Totogiunta a Rende, ipotetici ‘nuovi’ assessori figli del ‘Principato’

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A breve saranno nominati i nuovi assessori del Comune di Rende.

 

RENDE (CS) – Tutto cambia affinché ben poco possa cambiare. L’amministrazione Manna si appresta a rinnovare la propria giunta. Un rimpasto che, se confermato, appare più come un ritorno al passato che uno slancio verso il futuro. Sarebbero diversi i ‘nuovi’ assessori che dai tempi del ‘Principato’ gravitano tra le stanze dei bottoni del Comune di Rende. La rosa dei sette assessori sembrerebbe quasi ultimata, ma nulla è ancora stato reso ufficiale. Due le ‘semi-certezze’: Pino Munno e Annamaria Artese. Entrambi presenti in consiglio comunale ai tempi di Principe. Il primo, ex operaio della Frigomacello, con un ruolo di primo piano sino all’amministrazione Bernaudo, dalla quale fu mandato via, secondo i più maliziosi, per ‘etica’ a cavallo dell’arresto del sindaco accusato di aver usato la Rende 2000 Srl (poi trasformata in Rende Servizi) per acquisire voti nel corso della campagna elettorale del 2009 grazie alla compiacenza del boss Di Puppo. Munno, uomo nato con Principe al quale voltò le spalle per allearsi con il centrodestra, si trova oggi ai vertici della Rende Servizi e dovrebbe accaparrarsi l’ambito assessorato di Pia Santelli, quello ai Lavori Pubblici. Annamaria Artese dalla presidenza del consiglio comunale, che quasi certamente verrà ereditata dal consigliere Mario Rausa, dovrebbe entrare in giunta con un proprio assessorato.

 

Vicina alle posizioni di Mimmo Talarico la sua carriera non è mai stata macchiata dalle vicende che hanno visto il fratello coinvolto in inchieste riguardanti il clan Muto di Cetraro. Artese lavorerà al fianco, secondo alcune indiscrezioni, della consigliera Annarita Pulicani che dopo aver rinunciato a prendere il suo posto e sedere sullo scranno del Presidente del Consiglio comunale dovrebbe diventare assessore. Vicinissima alla famiglia Gentile la consigliera Pulicani è moglie di Ponzio titolare della Seatt cooperativa sociale che vanta appalti milionari con l’Asp di Cosenza. Indiscrezioni che però non trovano conferme tra le voci di corridoio nel municipio d’Oltrecampagnano in cui si parla di due assessori esterni che dovrebbero essere nominati dai ‘gentiliani’ del Nuovo Centrodestra. Sembra quasi ormai assodato che gli assessori Ida Bozzo, Antonio Crusco, Vittorio Toscano e Vincenzo Pezzi verranno ‘licenziati’. Al posto dell’assessore al Bilancio Crusco dovrebbe subententrare il consigliere Pierpaolo Iantorno figlio di un socialista d’altri tempi che fu assessore a Rende dagli anni ’80 in poi. Insomma una vera e propria eredità del Principato. Gli unici assessori dell’attuale che dovrebbero essere confermati sono Marina Pasqua e Francesco D’Ippolito. Si tratta di semplici ipotesi, ancora tutte da confermare negli incontri che i politici del ‘Principato’ terranno nelle prossime ore. Entro la prossima settimana, a partire da lunedì la rosa dei nomi che comporranno la nuova giunta rendese dovranno essere ufficializzate. Nominati i nuovi assessori dovranno entrare a Palazzo nuovi consiglieri: Antonello Elia per Forza Rende, Rosaria Pupo della lista Rende Bene Comune e per la lista Laboratorio Civico Nella Fanello.

 

 

La Giunta attuale del Comune di Rende è composta da:

Antonio Crusco – Assessore al Bilancio, Personale, Tributi, Patrimonio

Francesco D’Ippolito – Assessore Trasporti, Sicurezza, Ambiente e Politica per l’edilizia Popolare

Ida Bozzo- Assessore Politiche Sociali, Istruzione ed Immigrazione
Marina Pasqua- Assessore Pari Opportunita’, Centro Storico e Protezione Civile

Pia Santelli- Assessore Lavori Pubblici

Vincenzo Pezzi- Assessore Politiche Giovanili, Risorse Comunitarie Nazionali e Regionali, Aree Industriali

Vittorio Toscano – Assessore Commercio, Turismo, Politiche Agricole e Cultura

 

Il Consiglio comunale di Rende, si ricorda, è invece composto da:

 

Alessandro De Rango
PD
Andrea Cuzzocrea
Candidato a sindaco

 

Annamaria Artese
Laboratorio Civico

 

Annarita Pulicani
Rende Centro Destra

 

Barbara Blasi
Forza Rende

 

Carlo Petrassi
Rende Bene Comune

 

Carlo Scola
Rende Riformista

 

Domenico Miceli
Candidato a sindaco

 

Domenico Ziccarelli
Laboratorio Civico

 

Enrico Francesco Monaco
Rende Centro Destra

 

Eugenio Aceto
Forza Rende

 

Francesco Beltrano
Insieme per Rende

 

Franchino De Rango
Rende Riformista

 

Gaetano Morrone
Laboratorio Civico

 

Marco Greco
Laboratorio Civico

 

Mario Bruno
Rende Centro Destra

 

Mario Carmelo Bartucci
Rende Centro Destra

 

Mario Rausa
Rende Centro Destra

 

Massimiliano De Rose
Candidato a sindaco

 

Pasquale Verre
Candidato a sindaco

 

Pierpaolo Iantorno
Gruppo Misto

 

Pino Munno
Forza Rende

 

Rachele Cava
Laboratorio Civico

 

Serena Russo
Rende Centro Destra

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Rifiuti interrati e tumori nel cosentino, chiesta condanna di un noto imprenditore

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Ottantunenne di Amantea accusato di disastro ambientale ed omicidio colposo. Usava impresa edile per smaltire rifiuti industriali. Alta concentrazione di tumore nei siti contaminati.

 

COSENZA – Una valle avvelenata e numerosi casi di cancro. Uno scenario raccapricciante quello offerto oggi dal fiume Oliva trasformato in una fabbrica di morte. Alla sbarra, con l’accusa di disastro ambientale ed omicidio colposo, sono finiti: Cesare Coccimiglio imprenditore ottantunenne di Amantea, Vincenzo Launi sessantaduenne di San Pietro in Amantea, Giuseppina Marinaro di sessanta anni, Antonio Sicoli trentaduenne di Aiello Calabro e Arcangelo Guzzo proprietario terriero ottantenne. Al termine di un iter processuale avviato quasi dieci anni, nel 2008, oggi il pubblico ministero Maria Francesca Cerchiara alla presenza del collegio giudicante presieduto dal giudice Giovanni Garofalo e a latere Francesca De Vuono, ha chiesto la condanna a sedici anni e sei mesi di reclusione per Coccimiglio e l’assoluzione di tutti gli imputati. Si tratta di un processo rimbalzato da Paola a Cosenza, con una sfilata di testimoni in aula, perlopiù agricoltori della zona che coltivavano sui terreni contaminati, che non ricordavano di aver visto neanche uno dei quindicimila camion che hanno riversato nella valle dell’Oliva oltre 162mila tonnellate di rifiuti industriali.

 

Un’attività iniziata, secondo l’accusa, dall’imprenditore Coccimiglio negli anni Ottanta e proseguita fino al 2009 attraverso l’utilizzo di un’impresa edile (Coccimiglio Cesare & c. Snc) come copertura per l’attività di smaltimento illecito di rifiuti. L’azienda inoltre nel corso degli anni si sarebbe aggiudicata anche appalti pubblici che hanno consentito, come nel caso dei lavori sulla ss 53 a Serra d’Aiello, di costruire sversando fanghi altamente inquinanti nei terreni. In questa strada, di proprietà della Provincia di Cosenza, nel tratto che collega Valle del Signore a Galleria Cozzo Manca ad Aiello Calabro sarebbe stato rilevato sotto il manto stradale un accumulo di rifiuti tossici di oltre un metro di spessore. L’imprenditore è accusato di aver organizzato il trasporto e lo scarico dei rifiuti utilizzando mezzi appartenenti alla sua azienda. Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli, Arcangelo Guzzo (legati a Coccimiglio da rapporti di parentela e lavoro) invece, in qualità di proprietari dei terreni sui quali parte degli scarichi sono avvenuti, avrebbero acconsentito allo smaltimento illecito dei rifiuti. Il disastro ambientale ipotizzato a carico di Coccimiglio avrebbe determinato un eccesso statisticamente significativo di mortalità per tumori maligni del colon retto, del fegato, della tiroide, degli organi genitourinari, della mammella, e particolari patologie non tumorali nell’aera del Distretto Sanitario di Amantea (in prossimità dei siti contaminati) tra il 1992 e il 2001.

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I LUOGHI IN CUI SAREBBERO STATI SMALTITI I RIFIUTI

 

Le aree contaminate ricadono, secondo l’accusa, in zone adiacenti o cumunque nelle disponibilità delle proprietà di Cesare Coccimiglio. Dell’imprenditore è stata più volte accertata la presenza sugli stessi terreni in cui, per ‘hobby’ come ha sottolineato il pm Cerchiara, venivano ripetutamente scavate delle buche. Aiello Calabro, Amantea, San Pietro in Amantea e Serra d’Aiello i Comuni in cui sono stati consumati i fatti in particolare nelle contrade: Foresta, Giani, Carbonara, Briglia e la fondovalle Oliva (meglio nota come ss 53). In questi terreni sarebbero stati scaricati ripetutamente fanghi, rifiuti edili ed urbani contaminati da metalli pesanti e altri inquinanti. Un’attività che avrebbe portato alla realizzazione di un’unica vasta discarica di alcuni chilometri quadrati nell’alveo del fiume Oliva ed aree limitrofe. O meglio nella maggior parte delle località ricomprese nel bacino fluiviale dell’Oliva e nelle vicinanze del litorale marino di Amantea. E’ però da rilevare che nel processo, aggiornato al prossimo 30 Gennaio, non è contestato all’imputato lo smaltimento dei fusti ritrovati a bordo della Jolly Rosso, la nave arenatasi sul litorale di Amantea nel 1991.

 

COSA HANNO RILEVATO LE ANALISI SU ACQUE E TERRENI

 

Nel decreto di rinvio a giudizio firmato dal gip Carmine De Rose del Tribunale di Paola nel 2012 i dati riportati appaiono allarmanti. Coccimiglio, secondo De Rose, avrebbe determinato l’avvelenamento delle acque sotterranee del bacino del fiume Oliva destinate al consumo umano diretto, all’alimentazione del bestiame di allevamento e all’irrigazione di colture agricole. Questo avrebbe per il gip comportato il passaggio nella catena alimentare di solfati, nitrati, manganese, ferro, tallio, arsenico, tricloroetano rendendo necessaria la bonifica, mai eseguita, delle aree contaminate. I fanghi sversati pare inoltre contenessero antimonio, cobalto, cromo, cadmio, nichel, rame, zinco, mercurio, selenio, piombo, vanadio, berillio, stagno alcuni dei quali cancerogeni certi per l’uomo come certificato dalla IARC Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. Nelle acque sotterranee è stata inoltre rilevata la presenza di idrocarburi pesanti e composti alifatici clorurati cancerogeni. Materiale radioattivo, Cesio 137 di origine artificiale, è stato ritrovato nei terreni fino a oltre sei metri e mezzo di profondità in località Foresta di Serra D’Aiello. La presenza di arsenico ed altre sostanze nocive è stata invece riscontrata a Serra d’Aiello nei terreni fino a venti metri di profondità.

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Pentiti raccontano il ‘Principato’ di Rende. Voti barattati con lavori per i Lanzino e soldi in ‘bacinella’

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“L’onorevole Principe era a nostra disposizione”. Ecco le dichiarazioni di Foggetti, Terrazzano, Galdi e Violetta Calabrese.

 

RENDE (CS) – Il Comune di Rende ‘amministrato’ dal clan Lanzino dal 1999 al 2011. Un ipotesi su cui la magistratura ha inteso far luce. L’intreccio tra criminalità organizzata e politica, secondo gli inquirenti, avrebbe condizionato le elezioni politiche e la gestione dei lavori pubblici nel ‘Principato’ per oltre un decennio. Con l’operazione Sistema, scattata lo scorso Marzo, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro ha notificato dieci ordinanze di custodia cautelare per i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio e corruzione aggravata dal metodo mafioso. Tra gli indagati appaiono nomi ‘eccellenti’ della politica e delle cosche cosentine. Si tratta di Adolfo D’Ambrosio, Michele Di Puppo, Francesco Patitucci, Umberto Di Puppo, Sandro Principe, Umberto Bernaudo, Pietro Paolo Ruffolo, Giuseppe Gagliardi, Rosario Mirabelli e Marco Paolo Lento. Tutti in concorso si sarebbero spesi, ognuno in base ai propri ruoli, per favorire l’elezione al Comune di Rende, alla Provincia di Cosenza e alla Regione Calabria di uomini che avrebbero poi difeso gli interessi del gruppo Lanzino sul territorio, rafforzandone il prestigio e le capacità di infiltrazione. La ricostruzione dei rapporti tra i politici e la cosca è stata effettuata non solo attraverso le intercettazione ambientali dei colloqui in carcere tra Adolfo D’Ambrosio e i suoi familiari, ma anche grazie alle dichiarazioni rese da alcuni dirigenti comunali e dai collaboratori di giustizia: Pierluigi Terrazzano, Francesco Galdi, Adolfo Foggetti e Roberto Calabrese Violetta.

 

PIERLUIGI TERRAZZANO: “D’AMBROSIO FINGEVA DI SOSTENERE L’AVVERSARIO DI PRINCIPE”

Il collaboratore di giustizia Pierluigi Terrazzano, racconta di aver incontrato insieme al padre (Francesco Terrazzano) presso le piscine comunali di Quattromiglia di Rende, Sandro Principe e Franco Santelli (fratello del dirigente comunale di Rende Lello Santelli) in occasione della campagna elettorale del 2011 per il rinnovo della carica di sindaco a Rende. “Santelli – spiega Terrazzano, ritenuto uno degli affiliati al clan Lanzino – è un personaggio di spessore in quanto vicino agli ambienti politici e massonici. Si impegnava nella campagna elettorale a favore di Principe e degli uomini che questo indicava quali rappresentanti del suo schieramento politico alle elezioni nei vari enti (come la Provincia di Cosenza o la Regione Calabria). In quell’occasione si stava muovendo a favore del candidato sindaco Cavalcanti. Dal momento che mio padre e la mia famiglia disponiamo di un notevole bacino di voti loro si dimostrarono interessati a noi consapevoli che avremmo orientato i voti della criminalità organizzata di cui facevamo parte o comunque a cui eravamo vicini. Nello specifico le persone a cui eravamo più legate per questo tipo di collaborazione erano: Adolfo D’Ambrosio, Umberto Di Puppo e i fratelli Provenzano. Per evitare accertamenti da parte della magistratura Adolfo D’Ambrosio fingeva di sostenere in campagna elettorale l’avversario di Cavalcanti. Nel corso dell’incontro a Quattromiglia a fronte della nostra disponibilità chiese ad un suo collaboratorie di scrivere il mio nome su un’agenda affinché venisse inserito tra coloro i quali avrebbero ricevuto un posto di lavoro presso l’Interspar a Rende vicino alla palestra Scorpion come magazziniere”. 

Bar Colibrì Villaggio Europa

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ROBERTO CALABRESE VIOLETTA: “PRINCIPE ERA A NOSTRA DISPOSIZIONE”

Il collaboratore di giustizia Roberto Calabrese Violetta autoaccusatosi di essere il contabile dei ‘Castiglia’ gruppo vicino al clan Lanzino ha sempre indicato Adolfo D’Ambrosio come l’alter ego di Ettore Lanzino nel periodo in cui era latitante. “Durante la campagna elettorale a Rende del 2011 – ha raccontato Calabrese Violetta – D’Ambrosio mi disse che quel bar che lui di fatto gestiva era frutto di un concessione dell’onorevole Sandro Principe. Aggiungeva che qualora avessimo avuto bisogno Principe era a disposizione. La concessione del bar era una sorta di corrispettivo in quanto Adolfo D’Ambrosio e la cosca Lanziono avevano sostenuto la campagna elettorale dell’onorevole Principe attraverso il procacciamento di voti e l’affissioni di manifesti. Mi disse che se avessi portato voti Ettore Lanzino ne sarebbe stato molto contento. Il bar inoltre era un punto di ritrovo per i membri della cosca in quanto come è accaduto nelle circostanze in cui sono stato testimone spesso ci si ritrovava lì a discutere. Avvalendome della mia caratura e del mio ruolo mi attivai per racimolare voti a favore della coalizione sostenuta da Principe.  Me l’avevano chiesto anche Umberto Di Puppo e Francesco Patitucci. Quest’ultimo aveva però specificato ‘compà stavolta senza soldi’ lasciando intendere che non saremmo stati retribuiti dai candidati. In altre occasioni avevamo ricevuto somme di denaro da parte dei candidati. Tutti parlavano a nome di Ettore Lanzino.

 

Principe quando aveva ricoperto cariche pubbliche aveva favorito la cosca. Nella cooperativa a cui il Comune di Rende appaltava lavori pubblici figuravano infatti come dipendenti esponenti di primo piano del clan come lo stesso Ettore Lanzino. Il vantaggio si concretizzava nel fatto che parte delle retribuzioni dei dipendenti venivano pagate solo fittiziamente ai medesimi, nel senso che una parte della retribuzione dei singoli dipendenti confluiva nella bacinella della cosca, infatti nessuno dei lavoratori si poteva sottrarre a finanziare forzosamente le casse del gruppo criminale. Il meccanismo era il seguente. Se il dipendente veniva pagato con assegno questi era tenuto a restituire in contente una parte dello stipendio a D’Ambrosio o ad un incaricato del clan per conto di Lanzino. Nei primi anni 2000 (non ricordo se 2002 o 2003) incontrai a Saporito i fratelli Di Puppo che mi chiesreo di trovare voti per Principe, una cortesia che avrei fatto anche per Ettore Lanzino. In quel caso il candidato da sostenere era Bernaudo. Proposi di inviare qualche ragazzo di mia fiducia per affiggere i manifesti, ma i due mi dissero che stavano già provvedendo i dipendenti della cooperativa su loro disposizione. Tutti i candidati appartenenti anche ad altri schieramenti politici per poter far affiggere i manifesti si dovevano, per forza, rivolgere a D’Ambrosio. Una volta mi trovavo al Villaggio Europa al bar Colibrì con Adolfo D’Ambrosio e Umberto Di Puppo quando ho visto dietro al bancone dei buoni benzina dell’Agip e mi hanno spiegato che li aveva consegnati Sandro Principe per la benzina dei ragazzi che dovevano fare attacchinaggio per sostenere Cavalcanti.

 

Adolfo D’Ambrosio in pratica fungeva da tramite tra Principe e Lanzino. L’onorevole però per dare una certa parvenza di legalità evitava di farsi vedere con uomini di malavita. Tutto però aveva un costo che in parte doveva confluire nella ‘bacinella’ di riferimento della cosca Lanzino. I voti venivano pagati così come D’Ambrosio aveva il monopolio della gestione di tutti i servizi connessi alla campagna elettorale compresa l’affissione dei manifesti tramite persone dallo stesso individuate. Questo è accaduto in tutte le campagne elettorali compresa quella in cui è stato eletto Cavalcanti. La funzionalità delle cooperative a favore della cosca è anche di natura economica poiché parte dei proventi confluiscono, a scapito degli stipendi dei dipendenti, nella bacinella del sodalizio con diverse modalità. Si va dalla fatturazione fittizia di acquisti di materiali o alla lievitazione degli importi in busta paga, Ne ho una conoscenza diretta poiché avendo l’incarico di controllare la ‘bacinella’ per conto dei Castiglia, principalmente alimentata dall’usura, ho fatto verifiche anche dei proventi dei Lanzino ed ho capito che parte dei proventi delle cooperative che lavoravano per il Comune di Rende finivano nella ‘bacinella’ grazie all’intercessione di Adolfo D’Ambrosio. In più quest’ultimo mi chiarì che la concessione del bar che possedeva e i favori legati all’attività della cooperativa che si occupava a Rende di pulizia delle strade e manutenzione del verde pubblico erano fatti avvenuti grazie al nostro appoggio in campagna elettorale”.

Adolfo Foggetti

Adolfo Foggetti

ADOLFO FOGGETTI: “IL DENARO DELLA ‘BACINELLA DEGLI ITALIANI’ ARRIVAVA DALLA COOP RENDE 2000”

 

Anche il collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti ha a sua volta reso nota la propria versione dei fatti. “D’Ambrosio – dichiara Foggetti – aveva ottimi rapporti con Mirabelli e Principe. Insieme a Umberto Di Puppo, Alberto Superbo, Francesco De Luca, i fratelli Provenzano e Francesco Patitucci e cioé tutti quelli che erano intranei alla cosca degli italiani si prodigavano per fare la campagna elettorale sia per Rosario Mirabelli sia per Principe. Entrambi erano considerati ‘amici’ utili per chiedere eventuali ‘favori’. Patitucci mi aveva informato durante un incontro insieme a Rinaldo Gentile e Umberto Di Puppo tra il 2010 e il 2011 che la ‘bacinella degli italiani’ e quindi del loro clan veniva alimentata da somme di denaro che provenivano dalla cooperativa Rende 2000 in cui per un periodo era stato assunto anche Ettore Lanzino”.

 

FRANCESCO GALDI: “DATI CONTABILI TAROCCATI PER FINANZIARE GLI ‘AMICI'”

Il collaboratore di giustizia Francesco Galdi, commercialista di professione, racconta la versione ‘finanziaria’ del presunto iter corruttivo. “Pietro Ruffolo (ex assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Rende (ed ex consigliere della Provincia di Cosenza in quota PD), in carica nel corso dell’amministrazione Bernaudo) – afferma Galdi – erogava finanziamenti e concessioni di credito sia a favore di uomini e società delle cosche sia a favore di uomini e società ‘graditi’ alle cosche. Parlo di centinaia di finanziamenti che possono essere documentati attraverso accertamenti bancari. Tali finanziamenti sono riscontrabili perchè molti non sono stati restituiti anche perché con la complicità del Ruffolo venicano erogati a società in crisi finanziaria i cui bilanci venivano taroccati dal compiacenta commercialista I. O., ovvero a persone fisiche non esistenti attraverso la creazione di documenti falsi di cui in ogni caso il Ruffolo era pienamente a conoscenza. Ruffolo prendeva dai finanziamenti che erogava una parte e la consegnava a Di Puppo. La criminalità organizzata beneficiava di questi finanziamenti poiché molte persone che contraevano debiti per motivi vari, droga o altro, si rivolgevano al criminale di riferimento per avere un aiuto, questi poi si rivolgevano a Ruffolo per ottenere i finanziamenti.

Adolfo D'Ambrosio

Adolfo D’Ambrosio

L’assessore era il punto di riferimento dei Di Puppo. Un giorno Michele Di Puppo intervenne in difesa del Ruffolo perché era diventato oggetto di troppe pressioni da parte della criminalità. L’episodio dal quale scaturì il ‘reclamo’ riguardava Romano Giovanni Battista il quale si era rivolto a Ruffolo che rivestiva un ruolo di responsabile del settore condessione del credito presso la filiale del Credito Italiano di corso Mazzini a Cosenza per ottenere un finanziamento di circa 40.000 euro per conto del gruppo Cicero. Nel 2003/2004 a seguito del rifiuto da parte di Ruffolo poichè il soggetto richiedente aveva delle segnalazioni in Crif e vi erano seri problemi per superare tale ostacolo, il gruppo Cicero aveva in mente di porre in essere una ritorsione nei confronti di Ruffolo. Michele Di Puppo allora si rivolse quindi a Romano intimandogli che Ruffolo non poteva in nessun modo essere toccato perché era un loro uomo indispensabile al finanziamento della cosca. I fratelli Di Puppo avevano grosse e importanti entrate dal Comune di rende me lo raccontò Michele insieme a Gianluca Marsico. Della Rende 2000 so che era inizialmente gestita da Giuseppe Iirillo. Aveva sede nel campo del Rende Calcio ed era riconducibile a Iirillo (alias Vecchiarella) uno dei pionieri della malavita di Cosenza che dopo l’operazione Garden si allontanò dagli ambienti criminali fino all’uscita dal carcere di Gianfranco Bruni, meglio noto come Tupinaro, di cui divenne il braccio destro.

 

La cooperativa che aveva creato a Rende destò l’interesse dei clan, Bruni gli impose che su Rende doveva far riferimento ai Di Puppo qundi favorire assunzioni a persone a loro vicine. Ettore Lanzino nel 2008 era stato assunto proprio in quella cooperativa, ovviamente solo in modo fittizio, tale da fargli percepire lo stipendio pur senza prestare effettiva attività lavorativa. Sono a conoscenza di ciò poiché in tal senso, pur se in quel periodo mi trovavo a Bologna ero stato incaricato per il tramite di Ettore Lanzino e Gianfranco Bruni di redigere tutta la documentazione necessaria a fargli ottenere il contratto. Per consentire l’assunzione di Lanzino senza destare sospetti era necessario creare artefacendoli dei documenti di supporto e quella, come noto, era la mia abilità, in più essendo intraneo al clan ero obbligato alla riservatezza. L’assunzione avvenne nel 2008, ma durò solo pochi mesi tipo da gennaio a giugno. In estate infatti venne a trovarmi a Ravenna da Giovanni Battista Romano, uomo all’epoca riconducibile al gruppo Cicero, il quale mi disse che era stato mandato dai ‘cosentini’ per dirmi di fare sparire le carte che io avevo predisposto in relazione all’assunzione di Lanzino in quanto erano sorti dei problemi e da lì a brece il boss avrebbe dovuto interrompere il rapporto lavorativo”.

 

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Bimbo morto a Campagnano, in piscina non c’era nessun addetto al salvataggio

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Nessuna delle persone presenti al momento del decesso possedeva il brevetto di assistente bagnanti. Il medico legale che ha eseguito l’autopsia: “Ha ingoiato acqua ed è annegato”.

 

COSENZA – Continua il processo per la morte del piccolo Giancarlo Esposito. Si tenta di far chiarezza sul decesso del bimbo di quattro anni morto a Cosenza nell’estate del 2014, nella piscina comunale di Campagnano. Alla sbarra con l’accusa di omicidio colposo cinque persone: le istruttrici Francesca Manna di 65 anni, la figlia Luana Coscarello quarantunenne, Martina Gallo classe 1993, Ilaria Bove ventiquattrenne ed il rappresentante legale della Cogeis a cui il Comune di Cosenza ha appaltato la gestione della struttura, l’ex assessore allo Sport Carmine Manna. Nell’udienza odierna il giudice Bilotta ha ascoltato il fiduciario della sezione salvamento della Federazione Italiana Nuoto Cristiano Quiriconi. Incalzato dalle domande del pm Cerchiara il consulente ha spiegato con chiarezza e dovizia di dettagli che “se il bambino avesse avuto il giubbotto di salvataggio avrebbe sicuramente avuto più autonomia”. “Con i braccioli – ha affermato il CTU Quiriconi – è sempre necessaria la supervisione di un adulto. E’ scritto anche nelle istruzioni. Per avere la panoramica completa dei bimbi in acqua è necessario che l’addetto ai controlli stia fuori dall’acqua, a bordo piscina in piedi, in modo da poter intervenire in maniera tempestiva. Dai controlli che ho fatto quel giorno non c’era nessun assistente bagnanti di turno. Eppure è una figura necessaria, per legge, a garantire la sicurezza di un impianto pubblico. L’assistente bagnanti infatti si occupa della sorveglianza, del salvataggio, del  primo soccorso e della rianimazione degli utenti in casi di emergenza. Luana Coscarello, Lorenzo Stefano Zicarelli, Martina Gallo e Ilaria Bova non hanno mai conseguito questo brevetto (peraltro quest’ultima non possiede nessun titolo o brevetto rilasciato dalla Federazione Italiana Nuoto). Solo Francesco Fasanella aveva il brevetto di assistente bagnanti, ma era scaduto. Il rinnovo però è obbligatorio perché vincolato alle condizioni di salute del soggetto chiamato a svolgere una funzione delicatissima.

 

Nel caso di Giancarlo Esposito, bisogna sottolineare – ha aggiunto il consulente – che se la vasca avesse avuto una profondità inferiore il bimbo sarebbe riuscito ad uscire dall’acqua in maniera autonoma. Le piscine didattiche per i bambini misurano circa 60 centimetri d’altezza, ma a Campagnano non ci sono. Quella in cui era il bimbo nel punto meno profondo misura 90 centimetri (nel punto più profondo l’altezza è di oltre due metri). Ciò significa che al bimbo serviva l’aiuto di un adulto che lo sollevasse da bordo piscina per uscire oppure avrebbe dovuto spostarsi nuotando fino all’altro lato della vasca per raggiungere la scaletta. Assodato che non c’era un assistente bagnanti, ma solo istruttori che non hanno competenze specifiche in materia di salvataggio, nessuno ha notato il malessere del bambino. Appena si notano movimenti anomali bisogna subito intervenire su chi è in acqua. A maggior ragione se non respira o è in stato di incoscienza o ha cambiato colore come è successo al piccolo Giancarlo. Il capo reclinato all’indietro, posizione assunta dal bimbo, è un indice di annegamento e testimonia che si è intervenuti in ritardo per trarlo in salvo. Il piccolo andava subito tolto dall’acqua e da quella situazione di pericolo. Dopo aver inalato l’acqua si hanno tre minuti di tempo prima che i danni diventino irreversibili. E tre minuti sono tanti per non capire che c’è un bimbo in difficoltà. Lui è stato trovato con la schiuma alla bocca e nel nasino, significa che l’annegamento era già avvenuto da un po‘”.

 

Una circostanza confermata, senza alcuna ombra di dubbio dal medico legale che ha eseguito l’autopsia sul corpicino di Giancarlo. Il professor Francesco Vinci, dell’Università di Bari, noto per il ruolo di consulente legale nella difesa di Raffele Sollecito indagato per l’omicidio della studentessa Erasmus inglese Meredith Kercher ha dichiarato oggi in aula che “la morte è avvenuta per annegamento”. “Il quadro autoptico – ha affermato Vinci – è chiarissimo. Si tratta di un decesso per enfisema asfittico. Nei polmoni era presente del liquido, gli esami che abbiamo fatto hanno certificato l’inalazione di acqua dolce. Quindi si può dire che il bambino ha sicuramente inalato dell’acqua, l’enfisema a quattro anni di età non può essere collegato al fumo (come succede per gli anziani). In più abbiamo riscontrato dei piccoli fenomeni emorragici su tutti gli organi riconducibili a sindrome asfittica e non ad altre patologie. Il bimbo era sano, non era cardiopatico come si era detto inizialmente. E bisogna escludere anche l’ipotesi della congestione perchè lo stomaco era quasi vuoto. Inoltre è stato ritrovato nella posizione tipica dei casi di annegamento. Sappiamo che la rapidità d’intervento è fondamentale. La Società Nazionale Salvamento dice che dall’inizio dell’inalamento dell’acqua se si interviene entro quattro minuti si può salvare una persona. A maggior ragione un bambino che ha una capacità di incamerare ossigeno maggiore rispetto agli adulti. Non si può mettere assolutamente in dubbio che il bambino ha ingoiato dell’acqua è ed annegato questa è la ragione del decesso per enfisema asfittico. Si tratta di una morte per l’acqua, non in acqua”. Il processo è stato aggiornato al prossimo 27 Febbraio quando a deporre in aula sarà la mamma di Giancarlo Esposito che racconterà la propria versione dei fatti.

 

 

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Studenti furiosi a Cosenza, invadono piazza Amendola boicottando l’Open day (FOTO)

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Protesta per l’imposizione del pagamento del contributo volontario, la carenza igienica nei bagni e le aule inagibili. Genitori chiedono chiarimenti: ‘sbattuti’ fuori dalla preside.

 

COSENZA – Da stamattina protestano in piazza Amendola. Si tratta di circa settecento studenti che hanno inteso dar voce alle proprie richieste da tempo ignorate dalla dirigente del liceo Lucrezia della Valle (linguistico, scienza umane, economico sociale, musicale e classico) Loredana Giannicola. La protesta scaturisce da una serie di problematiche più volte segnalate a cui però non è stata mai data alcun tipo di risposta. Innanzitutto il pagamento del contributo volontario. Una tassa di 70 euro a persona, appunto volontaria, che chi non ha la possibilità economica di liquidare non è tenuto a versare. Un meccanismo che però pare non valere per gli studenti del Liceo Lucrezia della Valle, in cui la dirigente scolastica minaccia di non far partecipare a gite e progetti chi non salderà la tassa ‘volontaria’.

 

Gli studenti lamentano l’essere costretti a seguire le lezioni in aule inagibili, spesso prive di riscaldamenti, fare poco sport perché il campo all’aperto che dovrebbe fungere da palestra è stato trasformato in parcheggio ed usufruire dei pochi bagni disponibili (di solito ne funziona uno su quattro) peraltro carenti sul piano igienico e strutturale (mancano sia le maniglie sia le porte). Contestato anche il metodo di valutazione delle prove parallele che, svolte in pochi minuti davanti un pc che in diversi casi si è bloccato, hanno penalizzato il rendimento di numerosi studenti. Oggi nel corso dell’Open Day volto a promuovere le nuove iscrizioni, gli studenti sono rimasti a presidiare la scuola anche nel pomeriggio chiarendo che le gite sono rarissime e che le attività didattiche pubblicizzate non vengono svolte. Una delegazione dei genitori, stamattina ha tentato di discutere con la preside dell’istituto Loredana Giannicola delle questioni poste in essere dai ragazzi. Dopo aver sostenuto con forza che si tratta solamente di ‘bugie inventate’ dagli studenti la dirigente pare abbia elegantemente sbattuto fuori dalla scuola i genitori.

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Pronta la nuova perizia su Legnochimica redatta dal chimico indagato insieme agli ex titolari

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I dati sulla contaminazione di terreni e falde acquifere pare siano differenti rispetto a quelli emersi nel 2010.

 

RENDE (CS) – Dopo ripetuti solleciti da parte della Procura di Cosenza nelle prossime ore sarà depositata la nuova perizia sull’ex Legnochimica. Si tratta di un documento che cristallizza lo stato di contaminazione dei terreni e delle falde acquifere di contrada Lecco a Rende. L’inquinamento dell’area su cui prima sorgevano gli stabilimenti dell’ex Legnochimica, era stato certificato nel 2010 nella perizia redatta dall’attuale rettore dell’Università della Calabria Gino Mirocle Crisci. Nella sua relazione era stata evidenziata l’elevata presenza di metalli pesanti quali ferro, alluminio, manganese, arsenico, cromo, nichel, cobalto e piombo e i possibili rischi per la salute umana. L’indagine però non era stata completata a causa della carenza di fondi. Un problema che sembrerebbe oggi stato arginato dal nuovo perito nominato dalla Procura di Cosenza il professor Giovanni Sindona. Effettuati i prelievi ed analizzati i campioni, finalmente, la relazione è pronta per essere consegnata. I ritardi nella presentazione della perizia sarebbero stati causati dalla necessità di pulire i terreni per effettuare i prelievi e, come affermato dallo stesso Sindona “dalla neve”. Il chimico in forze all’Unical ha poi lasciato intendere che i dati da lui presentati sarebbero in parte diversi da quelli emersi nella relazione tecnica redatta dal profesor Crisci.

 

Doveroso ricordare che il professor Sindona fu indagato (la sua posizione fu poi archiviata) insieme ad altre 36 persone per una presunta truffa ordita da docenti, imprenditori e consulenti del lavoro per accaparrarsi 20 milioni di euro di fondi pubblici per formare ricercatori che in realtà non avrebbero mai, secondo gli inquirenti, avviato alcun tipo di progetto. L’operazione portò all’arresto di otto persone tra cui nomi eccellenti della famiglia Battaglia di Mondovì a cui è riconducibile la proprietà dell’ex Legnochimica. All’epoca in manette finirono infatti il presidente del Gruppo giovani imprenditori e vice presidente di Confindustria Cuneo, Alessandro Battaglia amministratore delegato della “Silvateam” di Mondovì in provincia di Cuneo, cui stabilimenti sorgono ora in contrada Lecco esattamente nell’area in cui prima operava Legnochimica, ed il cugino Antonio Battaglia. Una casualità su cui probabilmente la Procura di Cosenza ha glissato, affidando al chimico coindagato con i Battaglia la perizia sul mostro che la famiglia di imprenditori piemontesi aveva creato a Rende, con la compiacenza dell’allora sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura Cecchino Principe. 

 

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Inquinamento a Rende ed ex Legnochimica: perito ‘licenziato’, si torna al punto di partenza

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La Procura di Cosenza ha revocato l’incarico al chimico Giovanni Sindona per i ritardi, mai motivati, nella consegna della relazione sulla contaminazione di terreni e falde acquifere a Rende.

 

COSENZA – Il professor Giovanni Sindona è stato stamattina ‘licenziato’ dalla Procura di Cosenza. Al chimico era stato affidato l’incarico di analizzare lo stato di contaminazione dei terreni e delle falde acquifere su cui sorgeva l’ex Legnochimica, nonché i liquidi contenuti nei famigerati ‘laghi chimici’ di contrada Lecco. Ufficialmente le motivazioni dell’allontanamento di Sindona sono riconducibili al fatto che dal momento in cui era stato conferito l’incarico, ovvero nel mese di Marzo 2016 con il vincolo di consegnare una relazione entro 60 giorni, sino ad oggi né è stata mai chiesta una proroga nei tempi di consegna nè sono stati mai motivati i ritardi. Solo attraverso le colonne di QuiCosenza, ieri aveva giustificato le proprie inadempienze attribuendole alle avverse condizioni meteo delle scorse settimane. La decisione è stata assunta dal procuratore aggiunto Marisa Manzini che ha rimosso Sindona dal proprio ruolo di consulente. Il completo disinteresse del perito per la vicenda ha fatto infatti decadere il rapporto fiduciario con la Procura di Cosenza. Sarà ora il Nipaf (Nucleo investigativo provinciale di polizia ambientale e forestale) a dare esecuzione alla decisione maturata dal procuratore aggiunto. Si torna quindi al punto di partenza, la relazione redatta nel 2010 dall’attuale rettore dell’Università della Calabria Gino Mirocle Crisci il quale, a causa della carenza di fondi, non era riuscito a valutare a pieno il livello di inquinamento della zona industriale rendese. La prossima settimana il procuratore aggiunto Manzini provvederà a fare il punto sulla situazione e vagliare la possibilità di nominare un nuovo perito che dovrà procedere con estrema solerzia a stilare una relazione sulla contaminazione dell’area su cui sorgeva l’ex Legnochimica.

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Domani a Cosenza l’ex sindaco di Venezia che litigò con Sgarbi per il Ponte di Calatrava (VIDEO)

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Massimo Cacciari sarà a Cosenza per inaugurare il nuovo Centro di Studi Telesiani. Fu attaccato dall’attuale assessore al Centro Storico per aver fatto costruire il Ponte di Calatrava di Venezia.

COSENZA – Domani, Giovedì 26 Gennaio alle 17.30, a Palazzo Caselli Vaccaro, nella città di Cosenza si terrà l’inaugurazione della nuova sede del Centro Studi Telesiani, Bruniani e Campanelliani. Ospite d’eccezione per il taglio del nastro il noto filosofo Massimo Cacciari ex sindaco di Venezia il quale presenterà una dettagliata relazione sulla figura di Tommaso Campanella e sull’utopia della città ideale. Cacciari nel 2013 subì un attacco in diretta nel corso della trasmissione Servizio Pubblico di Michele Santoro da parte dell’attuale assessore al centro storico Vittorio Sgarbi. Al centro della querelle che portò il filosofo ad abbandonare il collegamento il Ponte di Calatrava costruito a Venezia e che oggi la giunta Occhiuto (di cui appunto lo stesso Sgarbi fa parte) si appresta a sbandierare come nuovo ‘fiore all’occhiello’ della città di Cosenza. Un ecomostro che per molti, violenta lo skyline del centro storico su cui ad oggi però l’assessore Sgarbi non ha speso neanche una parola di dissenso.
Eppure tre anni fa insultò Cacciari affermando: “Ma stai zitto tu che non sei stato neanche a vedere le cose di casa tua. Che non sai nulla, non sai cosa c’è nelle chiese di Venezia, hai fatto fare il ponte di Calatrava, tu l’hai fatto fare. Soldi buttati per un ponte inutile, hai buttato i soldi dello Stato”. Per i danni d’immagine provocati dalla cattiva costruzione del ponte il Comune di Venezia presentò denuncia e il giudice Manuela Farini dispose, nel Settembre 2016 che a pagare dovrà essere lo studio dell’architetto Calatrava, che a suo giudizio è responsabile di errori progettuali in origine, dovuti soprattutto alla scarsa conoscenza degli elementi fondamentali della laguna, delle insidie di un sottosuolo roccioso. Una sentenza tardiva vista che l’architetto era già stato assolto l’anno precedente dalla Corte dei Conti.

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In foto Massimo Cacciari e Santiago Calatrava sul Ponte della Costituzione a Venezia

 

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Omicidi a Cosenza, Franco Pino torna alla sbarra con l’ex amico Patitucci

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Entrambi sono accusati di aver decapitato con una falce Francesco Lenti e ucciso Marcello Gigliotti.

 

COSENZA – E’ iniziato oggi il processo che intende fare chiarezza su un cruento duplice omicidio consumatosi alla fine degli anni Ottanta. Presso la Corte d’Assise del Tribunale di Cosenza, a distanza di trenta anni dal delitto, si ritrovano alla sbarra due vecchi compagni d’arme: il collaboratore di giustizia Franco Pino (in videoconferenza da località protetta) e Francesco Patitucci (presente in aula). Entrambi insieme a Gianfranco Bruni e Gianfranco Ruà, che hanno invece scelto di essere giudicati con rito abbreviato, sono accusati di aver partecipato all’uccisione di Marcello Gigliotti e Francesco Lenti. I cadaveri dei due giovani esponenti del clan Pino – Sena, furono ritrovati tra le montagne di San Lucido nel 1986 in una Ritmo carbonizzata coperta dalla neve. Invitati ad una ‘finta’ cena con dei sodali dello stesso gruppo vennero torturati e freddati a colpi di pistola.

 

Il corpo di Gigliotti fu poi decapitato con una falce. Le ragioni alla base del duplice omicidio pare siano da ricercare nell’autonomia che i due rampolli della malavita bruzia stavano ritagliandosi nel panorama criminale cittadino. La Dda di Catanzaro dopo diversi lustri, ha riaperto il caso su cui dovrà esprimersi il collegio giudicante presieduto dal giudice Giovanni Garofalo con a latere Marco Bilotta. Lenti e Gigliotti erano noti alle cronache cosentine degli anni Ottanta per aver piazzato una bomba davanti al portone del commissariato di Polizia di Cosenza, all’epoca ubicato in via Guido Dorso. Ad attribuire la paternità del duplice omicidio ai quattro imputati, furono le dichiarazioni di Antonio De Rose (il primo collaboratore nella storia della ‘ndrangheta cosentina), Pagano, Umile Arturi e dello stesso Franco Pino. Il processo è stato aggiornato al prossimo 13 marzo.

 

In foto l’auto in cui furono ritrovati i cadaveri di Lenti e Gigliotti

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